Il Riesame conferma il sequestro dei beni della Chiaravalli
I legali della multinazionale avevano fatto richiesta di dissequestro al tribunale di Varese ma il giudice ha confermato la tesi della Procura di Busto che aveva apposto i sigilli per sottrazione al pagamento delle imposte
AGGIORNAMENTO: questa notizia è inerente ad una vicenda giudiziaria risalente al periodo 2009/2011 e conclusasi con la sentenza di assoluzione dei consiglieri di amministrazione della Chiaravalli Group spa, emessa in data 18.10.2018, dalla Corte D’Appello di Milano.
I beni della Chiaravalli restano sotto sequestro, il Tribunale del Riesame di Varese ha respinto il ricorso dei legali della multinazionale di Cavaria e ha, invece, riconfermato le tesi del sostituto procuratore Nadia Calcaterra e del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio culminati con la denuncia di 7 persone per “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte“. Secondo i giudici di Varese il blocco dei beni inflitto lo scorso 17 febbraio è legittimo in quanto è sufficiente che vi sia in atto una verifica fiscale da parte dello Stato per poter procedere, in via cautelativa, al sequestro di beni che possono coprire la cifra richiesta dall’ente che l’ha disposta. L’avvocato Cesare Cicorella che difende la società non è affatto contento della decisione del tribunale e ha fatto sapere che ricorrerà in Cassazione chiedendo nuovamente il dissequestro: «Il giudice non ha tenuto minimamente conto delle nostre motivazioni – fa sapere il legale – nella sentenza non abbiamo avuto alcuna risposta alla nostra tesi».
La Chiaravalli, una società di grandi dimensioni con diverse sedi in altre zone d’Italia e in diversi Paesi esteri, è finita nell’occhio del ciclone perchè, secondo la Procura della Repubblica di Busto Arsizio, avrebbe attivato delle procedure di smembramento della società iniziale svuotandola dei beni che la componevano e trasferendo gli stessi a nuove società gestite, dicono i giudici, da prestanome. Le verifiche della Guardia di Finanza effettuate tra il 2008 e il 2009, infatti, avrebbero fatto emergere mancati pagamenti all’erario di 7 milioni di euro e relative sanzioni per 20 milioni di euro. La società ha dichiarato di aver fatto ricorso alla commissione tributaria affermando che, in realtà, non avrebbe dovuto versare la cifra richiesta.
Fatto sta che la procura aveva disposto il sequestro ai due fratelli Chiaravalli di 14 automezzi, delle quote sociali in 2 società, delle disponibilità bancarie e di impianti e macchinari per un valore complessivo che sfiora i 90 milioni di euro.
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