È finito l’amore tra il Nord e la Lega
Il risultato elettorale per il Carroccio è devastante. Perde consensi ovunque e non basta la vittoria di Tosi a Verona per arginare una autentica disfatta nei numeri e nella strategia politica
Queste elezioni hanno tanti spunti di riflessioni. Alle nostre latitudini, prima ancora che il trionfo di una certa antipolitica, la cosa che salta agli occhi è il risultato della Lega. Un tonfo così pesante fa male. E non può certo bastare la vittoria a Verona e in un altro paio di comuni di tutto il Nord per lenire una ferita devastante.La Lega perde ovunque, e perde male. In provincia di Varese, oltre a Cassano Magnago, un simbolo per il Carroccio pari quasi a Varese e Gemonio, esce a pezzi a Besozzo, Sumirago e Gerenzano. Tutte amministrazioni verdi da tempo immemorabile. A Tradate va al ballottaggio, ma come non ricordare che la città è stata in mano a Dario Galli, attuale presidente della provincia e poi a Stefano Candiani, segretario provinciale per molti anni.
Sarà anche vero che in alcuni paesi, vedi Besozzo e Ferno, si presentava una “minestra riscaldata”, perché i candidati erano ex sindaci, ma proprio per questo avevano una conoscenza e un radicamento fortissimo.
Per fare un’analisi più attenta non ci si può comunque fermare solo in casa nostra. Se si guarda a tutta la Lombardia il dato fino a poco tempo fa sarebbe stato inimmaginabile. La Lega è fuori dai ballottaggi a Como, Legnano e Monza, e di tutti i 25 centri superiori ai 15mila abitanti andrà al secondo turno solo in quattro.
In Piemonte il dato è ancora più impietoso. La Lega perde ovunque e porta un solo candidato su undici al ballottaggio.
Poco meglio in Veneto, dove oltre a Verona (il cui risultato è tutto nelle mani della lista civica di Tosi) vince al primo turno a Cittadella e poi andrà al secondo turno in altri due centri su dodici.
Tutta l’area dell’hinterland milanese vede una disfatta di proporzioni incredibili. Ci sono realtà dove il Carroccio non arriva a superare il 6%. E non stiamo parlando di paesini senza una tradizione leghista.
Le letture ora si sprecano e soprattutto i giornali “romani” guardano dove sono sempre stati abituati a guardare. Capivano poco di Lega ieri e ne capiscono ancor meno oggi.
Conta poco capire chi ha voluto che la Lega andasse da sola o si alleasse con l’estrema destra, oggi occorre stare ai dati e questi parlano chiaro. Non c’è nessun vincitore, nel Carroccio escono tutti a pezzi.
Non c’è dubbio che gli scandali delle ultime settimane hanno avuto un effetto ben più pesante di quanto raccontassero i sondaggi, ma non basta a spiegare un simile risultato
Nei comuni i candidati leghisti spesso sono radicati, presenti, combattivi. Conoscono bene il proprio paese e i risultati erano negativi solo dove il Carroccio si presentava per mettere una bandierina e basta. Negli anni, in quasi tutte le realtà sono state aperti sedi e attivate iniziative di ogni genere.
Questo pessimo risultato elettorale è in realtà una coda lunga iniziata un anno fa, quando la Lega ha subito una prima sonora battuta d’arresto. Ha corso un rischio reale a Varese dove già andare al ballottaggio fu un pessimo segnale. Restò fuori a Gallarate e non ci fu alcuna storia nel secondo turno a Malnate dove governava.
La Lega, nei momenti di difficoltà ha sempre saputo reinterpretare la propria azione politica, ma c’era sempre Bossi a inventarsene una. Stavolta sarà difficile immaginarsi cosa sarà. La vicenda Belsito ha scoperchiato un vaso e di lì è fuoriuscito di tutto. Si è scatenata una guerra violentissima senza quartiere che covava da tempo e l’elettorato leghista non ha gradito. Ne ha così da raccontare e commentare l’ex sindaco di Tradate Stefano Candiani. La Lega non perde per i “Kuli nudi”, ma per l’assenza di una visione politica salvo quella di voler andare da sola per rinfrancare duri e puri nelle sezioni e scatenare una lotta intestina per saldare conti aperti da tempo e mai affrontati.
In tutti i partiti la dialettica interna porta a scontri anche duri, ma nel Carroccio si è assistito a ben altro. “Pulizia, pulizia” si invocava e si invoca. Finora è sembrata più una “caccia alle streghe”. La Lega in questi anni ha distribuito posti, incarichi, spartito poteri nei CdA delle imprese. Insomma, quello che tanto aveva combattuto per anni. Il bello è che esponenti di spicco del Carroccio, anche intervistati pubblicamente, non hanno alcuna remora ad ammettere che le cose vanno così.
Si, avete capito bene: funziona così. Qualcuno ha rubato (forse) e ha fatto grandi porcherie, ma intanto in tutta legalità si piazzavano amici, e amici di amici, ovunque. Un sistema che non poteva reggere a lungo perché quando si scoperchia un vaso ed esce la puzza questa non distingue tra una fazione e l’altra.
L’elenco delle cose da “pulire” è lungo e sarà interessante vedere fin dove arriveranno le ramazze.
Tornando alla politica, il dato oggettivo è che il Varesotto, la Lombardia, il Piemonte e perfino il Veneto non sono più terre leghiste. Non lo sono mai state, ma è innegabile che il peso del Carroccio fosse rilevante e determinate per ogni vittoria del centrodestra. Da Milano in avanti non è più vero, come non lo è stato a Novara e come in tante altre situazioni.
Chiunque prenderà in mano lo scettro, sia ancora Bossi, o Maroni, grande regista delle manovre degli ultimi mesi, dovrà guardare in faccia bene tante questioni, ma prima tra tutte il voto popolare.
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