Dodici arresti, in manette la “famiglia spacciatori”
Padre, madre e figlio reggevano con pugno di ferro una rete di spaccio che riforniva il Gallaratese, ma anche consumatori di Milano, Bergamo e Brescia: teoricamente erano nullatenenti ma avevano grandi mezzi. Due arresti alla Ugo Mara
Una famiglia unita, nel gestire una ramificata rete di spaccio che copriva il Gallaratese ma riforniva anche i "consumatori" del Milanese: padre, madre e figlio di una famiglia di origine campana residente a Cardano al Campo erano alla testa di un gruppo ben organizzato, finito in manette all’alba di mercoledì. I carabinieri della Compagnia di Gallarate, con l’ausilio di altre compagnie lombarde e sotto il comando di Varese e il coordinamento della Procura di Busto Arsizio, hanno eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare, di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari. Due degli arrestati sono militari in forza alla caserma Nato "Ugo Mara" di Solbiate Olona.
A capo di tutto sarebbe Michele Ranieri, già in carcere per altri reati: accanto a lui operavano il figlio, Antonio (che ha preso il suo posto quando lui è finito in ospedale) e la moglie Rosa Cirillo, che secondo gli inquirenti aiutava nello smistamento e nell’organizzazione dei "cavalli", gli spacciatori al dettaglio attivi sul territorio. Questi ultimi avevano anche zone di competenza ben specifiche, ad esempio una ragazza (anche lei finita in manette) "presidiava" un quartiere popolare di Gallarate. Chi non pagava la roba – o anche solo pagava in ritardo – finiva nei guai, subiva minacce ed intimidazioni. Un sistema ben rodato, dove anche i clienti avevano a volte un ruolo attivo, prestandosi a dare un passaggio in auto nei punti di scambio o custodendo dosi di stupefacenti per brevi periodi.
A disarticolare la struttura criminale sono stati chiamati i carabinieri, «con uno sforzo investigativo notevole in carico alla compagnia di Gallarate», spiega il comandante provinciale colonnello Vincenzo DeMarco. Il capitano Michele La Stella e il tenente Elisabetta Spoti hanno spiegato che l’indagine è partita dal "semplice" (ma in realtà assai complesso e articolato) servizio di sorveglianza su alcune persone che a Cardano si muovevano tra i locali, incontravano altri pregiudicati, controllavano il territorio. «La famiglia era ben attenta ai movimenti che si effettuavano, usavano anche un linguaggio fantasioso per indicare i loro movimenti». La stessa famiglia aveva un livello di vita ben al di sopra del suo reddito teorico: nel 2011 hanno dichiarato solo 5200 euro di reddito, nel 2010 persino 0 euro, però avevano un parco macchine ben fornito, con una splendente Fiat 500 Abarth e un grosso fuoristrada. «Abbiamo eseguito anche sequestri di diversi autoveicoli e motoveicoli e avviato l’indagine patrimoniale sui redditi incompatibili con uno stile di assoluta agiatezza» conferma il sostituto procuratore Mirko Monti, titolare dell’indagine, affiancato dal procuratore capo di Busto Francesco Dettori.
La loro rete, si è detto, era ben ramificata, copriva ogni necessità: «Trattavano cocaina, ma anche hascisc e marijuana» spiega ancora il colonnello De Marco. Oltre una cinquantina le perquisizioni svolte all’alba di mercoledì, si sono spinte fino a Milano, Bergamo e Brescia, con l’ausilio dei carabinieri del luogo. E anche la "logistica" era ben avviata: i livelli intermedi della "filiera" dello spaccio e i clienti dovevano pagare in anticipo, su un conto PostePay. Nome in codice per i pagamenti: Lupin. Riferimento non al celebre ladro, ma al nome del cagnolino della famiglia di cardanesi che reggeva la rete criminale.
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