L’Adagio, senza brividi, di Borgonovo

L’Orchestra Sinfonica di Savona a Musica in Villa

Pietro Borgonovo si è presentato l’altra sera a Villa Cagnola per inaugurare l’edizione 2012 di Musica in Villa. Alla testa dell’Orchestra Sinfonica di Savona, per l’occasione ridotta ad ensemble da camera, ha sfoderato un programma d’intrattenimento estivo.
Costruito su curiosità e leggerezza (la St. Paul’s Suite op. 29 n. 2 di Gustav Holst è un’infusione melodica nel folclore britannico), amabilità e affettuosità (la Serenata in do maggiore op. 48 di Petr Il’ic Caikovskij) ed emozionalità (l’Adagio for Strings op. 11 di Samuel Barber). Queste, almeno, erano le intenzioni.
Quando un direttore italiano decide di affrontare un caposaldo della musica del Novecento, per di più composto da un artista statunitense come lo è Barber, si mette in discussione. Perché il repertorio americano fa da sé – e ci vorrebbe un’intera carriera per dedicarcisi con ragionevolezza – e perché l’Adagio (che Arturo Toscanini amava e che molti considerano il manifesto del neoromanticismo di Barber) non è un brano né semplice e né immediato. L’Adagio apre le porte alle sperimentazioni del Novecento, è dolente e speranzoso. Un racconto breve del riscatto dell’uomo di fronte al dolore. Poco più di dieci minuti di ricerca spirituale, ma più che sufficienti per far capitolare chiunque. E con l’inizio in pianissimo si decide tutto: se “patteggiare” con la bellezza o se possederla.
Borgonovo si arrende: non solo elude il “sottovoce”, togliendo così al brano luce e profondità, ma elimina anche quel senso di spasmodica attesa che si ricava da un mosaico di voci intersecanti e impercettibili sfumature. Non c’è lettura microscopica in Borgonovo, dunque l’equilibrio tra tensione, vigore ed elasticità cancella i brividi da un brano che è da considerarsi un vero un thriller musicale. D’altronde, Borgonovo è direttore di altre ispirazioni: classiche e romantiche. Lontane dalle ombre di un Barber che spaventa con gentilezza. Così il direttore apre gli occhi su altri orizzonti, con la semplicità e la correttezza che lo caratterizzano, nella St. Paul’s Suite di Holst – un “passatempo” musicale d’impatto tematico che riesce anche a divertire – e la Serenata di Caikovskij. Questa sì una corsa sotto il sole, tutta forza ed entusiasmo. Con un gesto limpido, un’orchestra affiatata e un Borgonovo rilassato e nei panni a lui più adatti: quelli di un direttore che non vuole essere cerebrale ma “popolare”.

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Pubblicato il 12 Giugno 2012
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