Quando il cervello va in tilt

Anche l'encefalo ha una sua vita fisiologica. Tra i 20 e i 30 anni raggiunge l'apice per poi regredire. Ma solo in determinate condizioni dobbiamo preoccuparci dei suoi black out

dottor Marco MauriCome sta il tuo cervello?
Ormai si sa: stress, stanchezza, superlavoro, depressione possono creare qualche problema di memoria. Allora capita che dimentichiamo le cose, ci ripetiamo, annaspiamo tra i ricordi. Non vi preoccupate: il nostro cervello reagisce in questo modo a momenti di sforzi eccessivi ma poi, una volta allentata la tensione, torna a essere il fido alleato. Ciononostante, si deve ricordare che anche il cervello ha il suo ciclo di vita: raggiunge l’apice tra i 20 e i 30 anni e poi, piano piano, invecchia.

I problemi devono preoccupare, allora, quando i "default" della memoria, i suoi black out continuano nel tempo e ci condizionano fortemente la vita. Sono situazioni che emergono, nella stragrande maggioranza dei casi, in età avanzata, superati i 65 anni. Il livello di guardia ci impone, allora, di rivolgerci a uno specialista, un neurologo che inizia a indagare su possibili cause patologiche degli annebbiamenti: « Sono in aumento esponenziale i casi di demenze senili, di malattie neurologiche come il Parkinson e l’Alzheimer – spiega il dottor Marco Mauri, neurologo dell’ospedale di Circolo a Varese – Diciamo che, oggi come oggi, la metà dei disturbi neurologici è legato all’Alzheimer. Purtroppo, ancora la scienza non ci ha detto tutto rispetto a questa patologia. È stata scoperta solo un secolo fa e si è alla ricerca dell’esatto meccanismo che porta alla neurodegenerazione. Si sa che è un problema legato allo smaltimento delle proteine che, a un certo punto, diventa anomalo e si deposita nelle cellule. Si distrugge progressivamente il numero dei neuroni».

Allo stato degli atti, sono escluse componenti legate all’ambiente o agli stili di vita: « Anche nei paesi meno industrializzati, a mano a mano che si innalza l’età media della popolazione, aumentano i casi di Alzheimer. A tutte le latitudini. È possibile parlare di stili di vita nei casi in cui i problemi siano secondari, cioè legati a disfunzioni cardiovascolari: ma sono una piccola parte, così come sono minoritari i casi di degenerazione per predisposizione genetica».

I medici sono impegnati nell’attività di individuazione precoce della malattia: « In effetti, non è che si può incidere più di tanto anche se si anticipa la diagnosi. Attualmente, i farmaci che utilizziamo rallentano il processo degenerativo ma non lo fermano. L’aspettativa di vita di un paziente di Alzhemier è di una decina di anni al massimo. Voglio ricordare, però, che questa è una malattia che ha effetti importanti su tutta la sfera personale, anche sui rapporti con i famigliari, gli amici, i parenti. Si muta carattere e questo può avere pesanti ripercussioni sul menage familiare».

Interferenze con la memoria possono arrivare anche da patologie differenti come i disturbi della tiroide, il diabete, l’ipertensione: in questi casi l’attenzione deve concentrarsi sulla causa principale per risolvere gli squilibri della memoria. « Come dicevamo, il cervello è una macchina complessa che noi oggi non conosciamo nei dettagli. Un consiglio, però, mi sento di darlo. È meglio vivere una vita piena di interessi, con un lavoro soddisfacente e hobby stimolanti. Così facciamo un carico di capacità cognitiva che possiamo spendere in età avanzata, rallentando il processo di invecchiamento del cervello».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Ottobre 2012
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