Scompare il padiglione Vedani: nato per curare le donne

Il pronipote Nino Vedani ricorda l'importante lascito della prozia Angioletta che lasciò i suoi averi per aprire il Del Ponte alla cura delle donne, escluse fino al 1957

È iniziato l’abbattimento del padiglione Vedani. All’interno del Del Ponte, una piccola ruspa sta facendo a fette lo stabile di cinque piani per permettere alla grande “pinza demolitrice” di distruggerlo completamente.

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L’abbattimento del Vedani 4 di 11
Con quell’edificio, però, scompare il ricordo a una benefattrice di Varese, Angioletta Vedani, vedova Cattaneo, che lasciò i suoi averi all’allora Filippo Del Ponte, ospedale riservato solo agli uomini perchè gestito dall’ordine dei Fatebenefratelli di Milano. La benefattrice impose che nel nosocomio potessero entrare anche delle religiose chiamate ad assistere le donne. Correva l’anno 1957: a distanza di 55 anni, quel padiglione va abbattuto per permettere la costruzione dell’ospedale della mamma e del bambino, un presidio dedicato esclusivamente alla donna e ai suoi figli. 
 
Una conclusione bizzarra di uno stabile che vide anche un avvio altrettanto particolare. A ricordare il gesto nobile, il pronipote Nino Vedani, cavaliere Agostino fondatore della VEMA maglieria conosciuta in tutto il mondo: « La zia di mio padre era molto legata agli ambienti religiosi milanesi. Era devota e lasciava lasciti generosi alle chiese meneghine. Poi, una volta anziana, accusò un problema alle gambe che la costringeva sulla sedia. Allora mio padre le portò Padre Vincenzo, un frate che lavorava al Del Ponte e che era nostro amico di famiglia. All’inizio la zia non lo volle perchè era legata al clero di Milano. Quando, però, mio padre le spiegò che era un medico, accettò di riceverlo. Da quell’incontro nacque una bella amicizia e la convinzione che l’ospedale dovesse accogliere anche le donne. In verità, inizialmente la zia chiese a mio padre di ricevere l’eredità e di dividerla equamente tra tutti i discendenti Vedani. Un’impresa impossibile dato che il capostipite aveva avuto 12 figli e che ognuno aveva poi avuto una prole numerosa dispersa un po’ ovunque durante la Prima Guerra Mondiale. Così Angioletta scelse il Del Ponte. Noi, però, non venimmo invitati nè sapemmo esattamente cosa successe di quei soldi. Allora mio padre faceva il verniciatore e, tra i clienti, aveva proprio l’ospedale che non onorava molto i propri debiti…».
 
In compenso, però, la famiglia Vedani ha lasciato qualcosa anche al Circolo: «Mia nonna era rimasta vedova molto giovane e con 4 figli da mantenere. Si risposò ma il patrigno non fu in grado di seguire tutti i possedimenti. Così, le proprietà che avevamo alla Conca d’Oro furono date all’amico di famiglia Macchi che li utilizzò per i suoi cavalli. Quando il signor Macchi morì, lasciò tutto all’ospedale ma, nel testamento, specificò che quei terreni appartenevano alla mia famiglia. Mio padre fu chiamato per disporre dei terreni. Al suo posto, ci andai io che ignoravo persino l’esistenza di quelle terre dove un tempo si produceva il vino moscato e anche la grappa. Così li regalai all’ospedale».
 
Nino Vedani è dispiaciuto dell’abbattimento di quella struttura dedicata alla prozia. Ma il suo è un dispiacere molto concreto: « Abbattere oggi con l’aria che tira…. Spero solo che tra qualche anno non si rimpianga questa decisione perchè mancano i fondi per completare la nuova ala».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Ottobre 2012
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