Bedero Valcuvia si tinge di tricolore

In tanti dell'intera Valmarchirolo e della vicina Valcuvia per le celebrazioni. Segnaliamo il discorso di Luisa Vignati per A.N.P.I.

Ampia rappresentanza di sindaci dell’intera Valmarchirolo e della vicina Valcuvia per le celebrazioni del 25 Aprile a Bedero Valcuvia. Presente anche la Presidente della Comunità Montana, il partigiano Pippo Platinetti e per A.N.P.I. l’avvocato Luisa Vignati.
Dal palco, oltre al ricordo per i caduti, un monito a chi quei valori li ha dimenticati e uno stimolo a continuare a lavorare perchè quel sogno di democrazia venga portato a termine con l’impegno di tutti. Come di tutti fu l’impegno per la Resistenza contro la dittatura nazifascista.

Ecco il discorso di Luisa Vignati per A.N.P.I.

Ringrazio l’ANPI che mi ha invitato ad essere qui insieme a voi, tutti presenti a commemorare una data "storica", il 25 aprile,che come ogni anno ricorda la vittoria sul fascismo. 
Una cerimonia che si era anche talvolta tentato, nel tempo, di sminuire, cercando di inserire, insieme alla "memoria dell’infausto ventennio” anche l’auspicio un futuribile momento di riconciliazione .
Una cerimonia che forse si voleva pian piano relegare ad un momento in cui le "Istituzioni repubblicane e democratiche" davano un significato diacronico, rievocativo di momenti bui ma "datati".
In questo periodo di vuoto politico ed istituzionale, invece, il 25 aprile si presenta come un forte momento di aggregazione qui, ed in tutta Italia, per affermare che le istituzioni si commemorano nelle piazze, ed i valori si difendono con fermezza e con la forza pacifica di chi nel ricordo del passato trova lo stimolo a vigilare contro i rischi di un vecchio che potrebbe ripresentarsi con nuova forma .
Tutti insieme a ricordare il valore della resistenza, una resistenza che qui, in questa terra di confine, voleva dire esporsi in prima persona nell’aiuto all’espatrio in Svizzera di antifascisti, di ebrei e di soldati alleati; voleva dire la prima immediata ribellione, quella del colonnello Croce e della sua formazione 5 giornate, voleva dire il gruppo del comandante Giacinto Lazzarini, di Pericle Todescato, Vigile del Fuoco del 52^ di Milano, partigiano, che dopo la disastrosa battaglia del san Martino, cui partecipa, espatria in Svizzera per rientrare subito dopo in Valgrande, nella formazione di Dionigi Superti; braccato e catturato nel grande rastrellamento del giugno 1944, finirà fucilato sul lungolago di Baveno.
Resistenza erano i 1200 morti, i cui nomi sono ora incisi sul muro di Fondotoce, milleduecento… e molti di questa terra varesina.
Resistenza voleva anche dire l’organizzazione Oscar che, tramite la via delle canoniche, dei preti della zona, e documenti falsi, salvò migliaia di ebrei fra cui la famiglia di Vittorio Orefice.
Resistenza era quella di Pippo Platinetti, che accolse presso la sua casa la moglie e le figlie di Cino Moscatelli e salì in montagna, nelle brigate garibaldine Osella, Pizio Greta e Volante Loss.
Resistenza era anche quella dei soldati internati, che languivano nei lager tedeschi per restare fedeli al giuramento prestato, compagni di prigionia di Giovannino Guareschi il cui “Diario Clandestino” è un’opera che dovrebbero far leggere in tutte le scuole.
Resistenza era quella del gappista varesino “Claudio” Macchi e degli altri partigiani che, saputo della cattura del comandante piemontese Carlo Carabelli, un uomo di Moscatelli, mandato in missione in terra varesina per recuperare armi e uomini, non esitò un istante a compiere un intervento rischiosissimo presso l’ospedale di Varese ed a liberare il ferito, che sarebbe stato fucilato il giorno successivo. Resistenza era anche quella del primario, degli altri medici, delle infermiere e delle suore che resero possibile l’azione.
E’ necessario continuare a parlare di Resistenza e Liberazione?
Sì, lo è, perchè una democrazia vitale mantiene viva la memoria della propria origine, non importa quanto dolorosa e controversa essa sia.
Un appello particolare alla scuola, cui spetta un ruolo fondamentale nel “far mettere radici più solide all’ideale e alla prassi della democrazia”, anche attraverso la memoria.
Perchè se la dittatura e la repressione attecchirono, fu anche grazie alla “diseducazione” impartita in epoca fascista.
Alla fine del gennaio 1944, il capitano Filippo Maria Beltrami, una delle figure più significative della lotta partigiana, un gigante della resistenza, tra i primi a salire sulle montagne della Valstrona, scendeva verso Megolo, in Ossola, dove il 13 febbraio avrebbe trovato la morte coi suoi uomini ,in un conflitto coi nazifascisti.
In quel frangente, si rivolse al compagno che gli stava accanto: “Che ne dici, Macchioni? Sarebbe bello esser qui al ritorno da una escursione, e trovare a casa moglie e figli, tutto quello che abbiam lasciato – borghese, magari, ma comodo – una poltrona, un letto caldo, un libro. Li merita questo popolo sfibrato i sacrifici che abbiam fatto e quelli che ci aspettano? Penso alla fatica delle generazioni future per far uscire dalla gente la viltà di cui li ha riempiti la dittatura, la miseria morale, a volte l’insofferenza per tutto ciò che noi crediamo puro e nobile: l’onore, la lealtà, la fedeltà alla parola data, costi quel che costi”.
Io oggi mi chiedo: ci stiamo noi meritando i loro sacrifici?
Un caro amico, un vecchio partigiano delle SAP di Torino, mutilato, mi ha raccomandato: “Dillo, dillo…quello che noi volevamo allora era soprattutto un governo pulito, chiaro, il cui operato fosse visibile a tutti, la casa di vetro, appunto. E questo vogliamo ancora oggi. Le belle parole fanno effetto per un momento ma i vecchi le hanno sentite migliaia di volte mentre i giovani hanno bisogno di sferzate per svegliarsi ed uscire da questo vuoto, dai paroloni insulsi e falsi come le monete di piombo”.
Mi chiedo di nuovo: ci stiamo noi meritando i loro sacrifici?
Termino, ricordando le parole del premio Nobel Eugenio Montale: “… se la vita di Filippo Beltrami e di tanti altri degni di lui non basta a trasmettere un ricordo positivo del movimento partigiano (e, aggiungo io, una lezione e uno stimolo per il futuro), bisogna pensare che sulla via del nostro riscatto morale noi non siamo, purtroppo, neppure a mezza strada”.
Oggi come allora.

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25 aprile a Bedero Valcuvia 4 di 8
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Pubblicato il 26 Aprile 2013
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