… E come bomboniera, una parola da adottare

Adamantino, facezia, panegirico, pedissequo e sacripante: sono solo alcune delle parole regalate in adozione nel matrimonio di Irene e Gianandrea Redaelli. Un progetto della società Dante Alighieri

Irene e GianandreaAdamantino, atavico, aulente e barbaglio. Ma anche facezia, panegirico, pantagruelico, pedissequo, sacripante e serafico: sono solo alcune delle parole della lingua italiana che ora vantano un "custode" d’eccezione, perché "adottate" in una circostanza del tutto particolare: il matrimonio di Irene e Gianandrea Redaelli, che si sono sposati il 1 giugno scegliendo di donare agli invitati del loro matrimonio dei lemmi della lingua italiana perché se ne prendano cura. 

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Al posto del centrotavola, “adotta una parola” 4 di 6

Il che significa accudirla, tutelarla e farla crescere amorevolmente, dandole nuova vita: un gesto d’amore verso la lingua italiana che ben simboleggia l’inizio della vita coniugale, e che impegna gli ospiti a riprendere famigliarità con quelle parole del vocabolario che si sono perse, abbandonate, o sono state più semplicemente nascoste a favore di un linguaggio più generico, che impoverisce il nostro lessico riducendolo a poche migliaia di lemmi a fronte di un patrimonio che ne conta decine di migliaia. 

Gli ospiti di Irene e Gianandrea dovranno diffondere la loro parola adottata, utilizzarla il più possibile nello scritto e nel parlato, a segnalarne nuovi usi o abusi. E sembra che tra i primi a obbedire all’impegno sia stato il prete che li ha sposati, nonchè compagno di scuola dello sposo, don Michele Ravizza: che ha usato il termine che gli era stato assegnato, "pantagruelico", nella sua omelia della domenica.

Il progetto della Società Dante Alighieri, è stato accolto in toto dai due sposi. Ma perché una tale scelta?  «Abbiamo sentito parlare per la prima volta di "Adotta una parola" a Caterpillar (che nella sera del 4 giugno intervisterà Irene ndr), e l’idea ci è piaciuta subito  – spiega Irene – La nostra prima adozione è stata "cordite" – una specie di polvere da sparo molto rumorosa e puzzolente – e usarla in pubblico è stato veramente molto difficile. Poi abbiamo deciso di sposarci, e la scelta dei nomi dei tavoli si è dimostrata subito cruciale. I posti dove siamo andati in vacanza? I nostri piatti preferiti? E poi ci è venuta l’idea: perché non pescare nel dizionario qualche parola da adottare, chiamare così ogni tavolo, e dare il certificato d’adozione ad ogni commensale? Da lì in poi è stata tutta in discesa: barbaglio, elucubrazione, pantagruelico (il tavolo degli sposi), anelito e altri hanno trovato casa dai nostri invitati. Speriamo che ne facciano buon uso!».

Ogni tavolo riportava infatti il nome di una parola di uso non comune, in alcuni casi addirittura abbandonate. Il tableau de mariage era allestito su una scrivania vecchio stile con pile di dizionari aperti sul piano. E come centrotavola, al posto dei soliti fiori,  una pagina tratta dallo stesso dizionario. Per ogni ospite, invece del solito segnaposto zuccherato una pergamena arrotolata con il certificato di adozione della parola con cui è stato dato il nome al tavolo.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Giugno 2013
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