“Non sprechiamo i segnali di ripresa”

Il presidente dell'Unione industriali di Varese Giovanni Brugnoli: «Ciò che induce ad un certo ottimismo, dunque, sta più nelle aspettative per i prossimi mesi»

Con la fine di luglio si chiude idealmente l’anno di lavoro nelle imprese, anche se non è più come un tempo, quando le fabbriche chiudevano tutte per le ferie collettive. I mercati sono cambiati anche perché la globalizzazione ha costretto a fare i conti con consuetudini sociali diverse dalla nostra e, così, molte aziende rimangono in attività e, addirittura, in diversi casi il mese di agosto si rivela importante per i volumi produttivi. Questo è anche un segnale, uno tra gli altri, di una certa ripresa, dopo cinque anni dalla grave crisi della finanza mondiale che, iniziata nel settembre 2008, ha avuto come noto delle conseguenze drammatiche sull’economia reale, quasi dovunque.
Si tratta di segnali deboli, che non portano ancora a ritenere di essere giunti alla svolta. Però sono segnali univoci e concomitanti e ciò induce a guardare al prossimo futuro con una ragionevole speranza. Si badi bene: la ripresa in atto – se così può essere chiamata, ma chiamiamola così solo per semplicità argomentativa – è ancora lontanissima dall’averci fatto riguadagnare i livelli produttivi pre-crisi. Il Centro Studi Confindustria, che da quel settembre di cinque anni or sono ha monitorato puntualmente l’andamento dell’economia industriale, dice che siamo ancora a -24,5%.
Avevamo superato la soglia del 25%, quindi siamo davvero ancora ben lontani dall’aver rimontato. Ciò che induce ad un certo ottimismo, dunque, sta più nelle aspettative per i prossimi mesi. In questo, sì, il segnale è confortante perchè i portafogli-ordini stanno iniziando a vedere dei rientri. A livello nazionale, Confindustria registra, giugno su maggio, un aumento di 3 punti percentuali degli ordini interni e di 1 punto per quelli esteri. In luglio il clima di fiducia delle imprese manifatturiere è aumentato per il terzo mese consecutivo, con una variazione di + 1,2 punti, dopo +1,7 di giugno e +0,6 di maggio. La proiezione delle nostre imprese verso i mercati esteri in crescita è strategica: da essa dipenderà la sopravvivenza del sistema produttivo e l’effetto-traino sull’intero sistema economico.
Anche a livello locale, l’indagine congiunturale periodica svolta dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese denota una moderata evoluzione positiva della produzione nel secondo trimestre di quest’anno rispetto quello precedente. Il 57% delle imprese intervistate ha registrato un lieve miglioramento a fronte del 25% che non ha avuto variazioni e del 18% che ha invece segnalato una diminuzione.
Vi sono poi altri segnali confortanti, sia a livello del nostro Paese, come ad esempio lo sblocco almeno parziale dei pagamenti dei debiti della Pubblica Amministrazione, destinato sicuramente a ridare fiato al sistema produttivo e ai consumi interni, sia a livello globale, come l’aumento del traffico aereo internazionale (cresciuto nel 2012 del 5%) o la ripresa in atto nel grande mercato USA, con indici addirittura migliori delle previsioni (crescita del PIL a +1,7%). E la prospettiva di una positiva conclusione del negoziato commerciale per una zona di libero scambio tra Usa e Unione Europea è destinata a favorire le nostre esportazioni verso quell’importantissimo mercato, dove il Made in Italy ha sempre esercitato molto fascino.
Tutto ciò, peraltro, non deve assolutamente indurci né a facili ottimismi, né ad abbassare la guardia rispetto ai grandi problemi strutturali che rendono debole il nostro sistema-paese. La dimensione abnorme del nostro stock di debito pubblico continua a farci stare sotto attenta e sospetta osservazione da parte di tutti gli investitori finanziari e le incertezze sull’uscita da quell’insieme di vincoli e vischiosità che ostacolano la quotidiana attività delle imprese frena gli investitori industriali, quelli nazionali e che quelli esteri. Abbiamo soprattutto una perdurante situazione di sofferenza sul fronte occupazionale, in particolare nella fascia giovanile. Quel dato del 39,1% di giovani senza lavoro nella fascia tra i 15 e 24 anni deve spronarci tutti a fare tutto quanto è nelle nostre possibilità per evitare che una generazione rischi di rimanere inattiva per chissà quanto tempo, con le drammatiche conseguenze sociali che ne deriverebbero.
La riforme tanto attese non possono più tardare. Dobbiamo dare segnali inequivocabili della nostra volontà di riprenderci, di non voler scivolare verso il declino. Dovranno essere segnali credibili, non pannicelli caldi. Alle imprese tocca la grande responsabilità di riuscire a resistere ancora, dopo un quinquennio di gravissima flessione. Al mondo politico, alla pubblica amministrazione, alle enti locali, al sistema del credito, a tutti i soggetti che operano a vario titolo sul territorio spetta il compito di accompagnare adeguatamente le attività economiche in questa delicata fase di transizione. Predisponendo un terreno fertile perché il seme della ripresa possa germogliare. Perché ove il territorio non sappia rispondere in maniera adeguata, ci sarebbe il serio rischio che anche una provincia virtuosa come quella varesina possa andare incontro a situazioni sociali spiacevoli.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Agosto 2013
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