Alla scoperta del Sole con la sonda Sdo

Lunedì una serata con il Gruppo Astronomico Tradatese dedicata alle fantastiche immagini solari acquisite dalla sonda Solar Dynamic Obsevatory

Non poteva mancare, a Tradate, in questo periodo di altalenante attività solare, una serata che facesse il punto  sul bizzarro comportamento del nostro Sole  attraverso  i dati e le immagini  dello strumento migliore  attualmente a disposizione degli scienziati, vale a dire la sonda SDO, Solar Dynamic Observatory.   Ne parlerà Lunedì 3 Febbraio 2014, h21, CineTeatro P.GRASSI, il dott. Giuseppe Bonacina, ben noto agli studiosi del GAT  per  le sue ricerche sulle interazioni tra attività solare ed ambiente terrestre.

Tema della serata :  SDO-TELECRONACA DI UN BIZZARRO 24° CICLO SOLARE.

La sonda SDO (Solar Dynamics Observatory) venne messa in orbita nel Febbraio 2010, primo passo del programma della NASA “Living With a Star” (LWS), che prevede anche due missioni per lo studio della magnetosfera terrestre (RPSS, Radiation Belt Storm Probes e BARREL, Radiation-belt Relativistic Electron Losses, avviate nel 2012) e due missioni per lo studio diretto del Sole (SO, Solar Orbiter, prevista per il 2017, e Solar Probe Plus, prevista per il 2018).

 

Obiettivo della SDO è raccogliere dati e immagini della fotosfera, cromosfera e corona per studiare i meccanismi della variabilità solare e individuare i precursori di fenomeni esplosivi, come brillamenti (‘flare’)  e CME (Coronal Mass Ejection, emissioni di materiale coronale), che possono avere pesanti conseguenze sulle infrastrutture tecnologiche a terra (satelliti artificiali, telecomunicazioni, impianti elettrici ecc.).

La SDO si muove in un’orbita geostazionaria a 36.000 km di altezza e inclinata di 28° per cui è costantemente orientata verso il centro del Sole. La durata della missione è prevista in 5 anni, ma prolungabile per altri 5.

Le apparecchiature a bordo della SDO sono di tre tipologie: AIA (Atmospheric Imaging Assembly), per immagini del disco solare a diverse lunghezze d’onda; EVE (EUV Variability Experiment), per immagini del disco solare nell’estremo ultravioletto; HMI (Helioseismic and Magnetic Imager) per indagini sul campo magnetico solare. Sostanzialmente si tratta di apparecchiature dello stesso genere di quelle montate a bordo della sonda SOHO (SOlar and Heliospheric Observatory), in orbita dal 1995, e a bordo della coppia di sonde  STEREO (Solar TErrestrial  Relations Observatory), in orbita dal 2006. Però è molto più elevata sia la  risoluzione e precisione strumentale  sia la frequenza dei rilevamenti.: questo consente di seguire con tempestività e accuratezza la nascita e l’evoluzione dei fenomeni  legati all’attività solare.

 

La SDO ha seguito le vicende degli ultimi quattro anni dell‘ attuale 24° ciclo di attività solare, che si sta rivelando uno dei più ‘strani’ in assoluto: il minimo che lo ha preceduto mostrò infatti  una persistenza inspiegabile (ben 4 anni quasi senza macchie dal 2008 al 2010) mentre l’attuale massimo è uno dei più modesti che si ricordino. Forse, però, SDO ha scoperto la causa fisica che sta sotto a questa fenomenologia: si tratterebbe della presenza di celle giganti di convezione sub fotosferiche (ossia appena al di sotto della superficie visibile) dallo scorrimento  insolitamente lento e poco prevedibile. E’ comunque difficile ipotizzare se questa situazione precorra una lunga fase di minimo solare simile ai minimi di Dalton e Maunder dei secoli scorsi, quando per decenni il Sole perse quasi completamente le sue macchie. Saperlo sarebbe molto importante perché, se un simile periodo di lunga inattività solare si ripetesse, per  il pianeta Terra potrebbe significare l’inizio di una nuova “piccola glaciazione”, che potrebbe addirittura contrastare la tendenza al riscaldamento globale causato all’ attività umana.

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Pubblicato il 31 Gennaio 2014
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