Teatro esaurito per il cardinale Scola

E' stato il Decano don Angelo Cavalleri a far gli onori di casa con una frase di Antoine de Saint Exupery: «Ciò che rende bello il deserto è trovare un pozzo. Eminenza, ci aiuti a trovare questo pozzo»

Visita Cardinale Scola ad Azzate

E’ stato il Decano, don Angelo Cavalleri, a far gli onori di casa e ad accogliere il cardinale Angelo Scola in visita pastorale sabato al decanato di Azzate. E lo ha fatto con una famosa frase di Antoine de Saint Exupery, «Ciò che rende bello il deserto è trovare un pozzo. Eminenza, ci aiuti a trovare questo pozzo».

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Il cardinale Scola ad Azzate 4 di 12

Un incontro dove a «far da padrona non è la dialettica, ma il dialogo, camminando insieme verso il mistero inafferrabile della realtà, con una critica costruttiva e un atteggiamento di confessione», ha spiegato subito Scola.

Scrive il portale della Diocesi di Milano : il senso di queste visite sta tutto nel tentativo di superare quella frattura tra fede e vita, in questo che è un cambiamento di epoca e non un’epoca di cambiamenti, per usare le parole di Papa Francesco al Convegno Ecclesiale di Firenze.

Durante la serata in un teatro Castellani tutto esaurito c’è stato lo spazio anche per le domande: Maria, universitaria a Milano, ha chiesto come orientarsi tra tanti coetanei estranei al Cristianesimo e cosa fare se si abbandona la propria casa e gli ambienti consueti di vita; Luigi, operatore Caritas nel Decanato, segnala nella ricerca attiva di un’occupazione, l’“anello debole” della seconda fase del Fondo Famiglia-Lavoro.
Per entrambi gli interrogativi, l’avvio dell’Arcivescovo è un invito a prendere atto di ciò che accade. «Il cristianesimo è realista, perché intende essere aderente alla realtà e accompagnarla, in quanto siamo figli di un Dio incarnato che vuole essere via alla verità e alla vita, come dice Sant’Agostino. La realtà è, in ultima analisi, guidata da Dio e Gesù ci insegna il modo con cui stare dentro alla storia. Dobbiamo assecondare la realtà con lo spirito della mentalità di Cristo, rischiando ciò che ci sta a cuore. È la persona che deve comunicare, con il suo stile di vita e attraverso la condivisione dei bisogni degli altri, la bellezza e la verità della fede».

«Per questo la parrocchia è il pozzo nel deserto, il punto sorgivo, perché siamo un “io in relazione”. Se credo che ci sia qualcosa oltre la morte, vivo gli affetti, il lavoro, il rapporto con i beni in modo diverso e lo comunico. È la forza del soggetto che viene domandata dal nostro tempo, perché che la fede cammina per convinzione e non per convenzione».
Uno “stile” che vale anche considerando il Fondo Famiglia-Lavoro, per cui il Cardinale nota: «Nella seconda fase avevamo già intuito la necessità di rinvenire posti di lavoro, ma poiché la risposta dal mondo imprenditoriale era stata molto limitata, ci siamo orientati più sul microcredito e la formazione: adesso, nella terza fase, stiamo pensando a mettere in contatto il mondo dell’imprenditoria con chi ha necessità».

Ancora arrivano domande: Claudio, che con la moglie Monica fa parte della Commissione decanale per la Famiglia, chiede del Sinodo e delle famiglie ferite.
«Il tema primo del Sinodo non sono state le famiglie ferite, ma la questione della famiglia come soggetto dell’evangelizzazione. Occorre trovarsi tra famiglie e, partendo dal bisogno, dialogare, sostenersi e giocarsi non in astratto, perché non esiste la categoria dei divorziati e separati, ma la persona e questo vale anche per gli omosessuali. Al Sinodo, relativamente ai separati, divorziati e risposati, sono emerse delle proposte, tenendo ferma l’indissolubilità del matrimonio. Attendiamo la relazione finale del Santo Padre e l’insegnamento del Magistero, ma è chiaro che coloro che si trovano in tale condizione possono vivere fin d’ora in maniera molto intensa la vita regolare della Comunità anche se, per il momento, non possono accostarsi alla Comunione sacramentale».

 

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Pubblicato il 22 Febbraio 2016
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