Enten Eller: 30 anni a passo di danza

Se ne parla a Ivrea, sabato 19 alle ore 18 nella Chiesa di S. Marta, durante un convegno dedicato al rapporto tra musica e danza. Tra i relatori il musicologo varesino Davide Ielmini

davide ielmini

«La tv intrattiene; la cultura è diversa. La cultura ha delle responsabilità». Massimo Barbiero, anima dell’Open Papyrus Jazz Festival di Ivrea definito dalla stampa “Il Festival dei miracoli”, battezza così la 36esima edizione della tre giorni che – dal 17 al 19 marzo (http://www.music-studio.it) – animerà la città di Olivetti e il vicino comune di Chiaverano. La manifestazione, organizzata da Ivrea Jazz Club, Music Studio e Comune di Ivrea, quest’anno festeggia i 30 anni di attività degli Enten Eller. Gruppo di punta della musica jazz e contemporanea internazionale, ensemble “storico ma non datato”, riconoscibile dalle idee e nei suoni. Una marca tutta nostra, eppure aperta al mondo.

Ed è proprio dedicato agli Enten Eller l’appuntamento chiave del Festival, fissato per sabato 19 alle ore 18 nella Chiesa di S. Marta di Ivrea dal titolo “Freedom Jazz Dance, Aut Aut o…oppure. Rapporti tra la musica creativa e la danza, tra la letteratura e la filosofia”. Relatori alla tavola rotonda, moderata da Alberto Bazzurro, saranno Katina Genero (danzatrice e coreografa), Francesca Cola (danzatrice), Davide Ielmini (giornalista e musicologo di musica jazz e contemporanea) e Marilù Buzzi (direttore della rivista “Danza e Danza”). Enten Eller, quindi, come fil rouge di un percorso che si dipanerà tra suoni e parole, tra recitazione e visioni, tra reading e mostre fotografiche. Enten Eller, però, non suonerà: la storia ha un peso che a volte è bene affidare al silenzio e al pensiero di altri che rifletteranno sui tanti dischi prodotti dal gruppo per l’etichetta discografica varesina Splasc(h) Records. Atlantide, Medea,Trait d’union, Melquiades, Auto da fè, Euclide, E(x)stinzione e Settimo Sigillo (dvd) non sono semplicemente aggregati di note, ma distillati di letteratura e filosofia accolti con entusiasmo dal pubblico e dalla critica europea e nordamericana.
«Ci sono compositori, interpreti, improvvisatori per i quali la danza ha un significato quasi mistico – dice Davide Ielmini. Per gli Ente Eller ma anche – e oserei dire, soprattutto – per gli Odwalla, la danza ha la stessa importanza che lo swing assume nel jazz. Uno swing che parte da un modo di pensare libero, preciso, scientifico. Uno swing che appartiene all’anima, al modo di osservare la vita, di raccontare. Ecco perché la danza non è, nella concezione dei gruppi di Massimo Barbiero, un sinonimo di ballo. Il rapporto che c’è tra musica e danza è lo stesso che ci potrebbe essere tra poesia e musica: come può esistere? Luciano Berio affermava che “descrivere questo rapporto è assurdo, soprattutto oggi che musica, danza e parola sono concepiti come veicoli fondamentali verso il sogno di un teatro totale”. Una certezza, seppure filosofica, c’è in un’affermazione di Martha Graham, madre della danza moderna: “Le nostre braccia hanno origine dalla schiena perché un tempo erano ali”. Dunque musica e danza non possono non vivere un rapporto compiuto, seppur a volte violento o stridente. Non possono non combattere a difesa della loro autonomia per poi ritrovarsi in un abbraccio reciproco. D’intesa ma, ancora una volta, di sfida. E questo è quello che Enten Eller e Odwalla hanno sempre fatto con modalità diverse: di resistenza quasi fisica i primi, di audace sensualità i secondi».

Ecco perché ri-parlare di «un festival più italiano con la scelta di rinunciare alla star americana di turno forse per problemi economici o di disponibilità – prosegue Massimo Barbiero, co-fondatore di Enten Eller e Odwalla – ma soprattutto perché abbiamo pensato che il “dovere” di un operatore culturale sia quello di pensare un “progetto” e avere un’idea; una visione che vada oltre il solo intrattenere. Mi auguro che questi convegni – forse più dei simposi – non servano solo a mettere in relazione le arti fra loro, ma anche a riflettere evitando toni autoreferenziali e ad avvicinare al lavoro del processo creativo.».

E allora questo festival italiano è pronto a volare alto con nomi che hanno acquistato fama nazionale e internazionale: Gianluigi Trovesi, Tiziana Ghiglioni, Umberto Petrin, Maurizio Brunod e Laura Conti – tra un omaggio a Billie Holiday e uno a Luigi Tenco – sono artisti senza confini. Così come lo è quel jazz che venerdì 18, alle 18 sempre nella chiesetta di S. Marta, Franco Bergoglio ha così ben descritto nel suo ultimo libro “Sassofoni e Pistole. Storia delle relazioni pericolose tra jazz e romanzo poliziesco”. Insomma, se non si danza per piacere, si balla per scappare.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Marzo 2016
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