Dai ricordi alla polemica, a cosa servono ora i gruppi “Sei di… se”?

La stragrande maggioranza di questi gruppi, nati sull’onda di sentimenti e ricordi, ha ceduto il passo a polemiche, insoddisfazione e paura

facebook polemiche

I fenomeni da social network nascono e si sviluppano in molti modi diversi. Talvolta muoiono nello spazio di un giro di giostra su binari incontrollabili della viralità. Altre volte, invece, restano in vita cambiando la propria forma: nei casi più fortunati giungono a maturazione e rinnovano il proprio significato di esistere ma in molti altri deragliano e procedono per inerzia lungo strade diverse da quelle sulle quali erano nati.

Sembrerebbe essere questo il caso dei tanti gruppi Facebook “Sei di… se” fioccati come funghi in quasi ogni comune d’Italia all’inizio del 2014. Lo spirito iniziale era chiaro e semplice: far emergere tra i tanti membri di una comunità quali fossero i propri “caratteri costitutivi” facendo riaffiorare i ricordi dei momenti popolari del passato.

La bellezza di questa prima fase fu proprio quella di regalare a tanti cittadini episodi o persone che molti avevano dimenticato: il vecchio panettiere, il postino e la maestra di quando eri bambino, quell’angolo di paese che la modernità ha cambiato o stravolto. Una bella raccolta di memorie popolari che anche ai più riluttanti hanno saputo strappare in qualche occasione un momento di emozione e curiosità.

Questa, però, è stata solo la prima fase del fenomeno social “sei di.. se”. Quella che ha permesso di raccogliere in questi gruppi migliaia di appartenenti, quella che potremmo definire la fase del radicamento identitario. La sua definizione la ha spiegata a suo tempo il professor Fabio Cleto, docente dell’Università degli Studi di Bergamo, al quotidiano Bergamonews:

Alla base di questi gruppi c’è un forte senso di appartenenza a una comunità: come suggerisce il titolo, sei realmente di un determinato posto se hai vissuto determinate esperienze o se hai conosciuto certe persone in un periodo di tempo e in un luogo ben determinato(…) una manifestazione di un fenomeno che non è nuovo, ossia del fatto che la nostra società sia permeata di nostalgia.

Chi ha creato e amministra questi gruppi spesso lo ha fatto sull’onda di un fenomeno in piena crescita e quindi non consapevole del fatto che mantenere una linea “editoriale” ad una comunità così vasta è cosa nient’affatto semplice. Bisogna curarne i contenuti, moderarne le conversazioni, stabilire una policy. Occorre trasformarsi in un community manager, ovvero un addetto alla gestione di una comunità virtuale, cosa per niente facile e soprattutto che richiede tempo e attenzione. Purtroppo la regola del “è vietato insultare e scrivere parolacce” non si è dimostrata sufficiente.

Così, lentamente, la prima spinta propulsiva dei gruppi si è sopita lasciando una prateria sterminata dove chiunque si è sentito libero di correre e urlare la propria sentenza su praticamente tutto. In molti paesi, spesso sprovvisti di uno strumento di comunicazione capillare in grado di dare un ordine all’agenda dei fatti e delle discussioni, questi gruppi hanno costituito un’enorme bacheca pubblica dove qualcuno ha continuato ad appiccicare ricordi, qualcun altro si è sentito in dovere di affiggere delle taglie.

Qualche gruppo politico ci ha fatto propaganda (rigorosamente in modo anonimo), qualcuno ha cominciato a porre domande scambiando la bacheca per il centro servizi universale, qualcuno per lamentare che il paese è morto e che non c’è mai niente da fare e altri che c’è troppo e non si riesce mai a dormire dal frastuono.

La stragrande maggioranza di questi gruppi, nati sull’onda di sentimenti e ricordi, ha ceduto il passo a polemiche, insoddisfazione e paura. E, forse, lo spirito iniziale è stato tradito. Così come molti appaiono ora a chi servono? Spesso offrono la brutta immagine di una comunità che denigra se stessa, che appare litigiosa, in disaccordo su tutto e desiderosa solamente di capri espiatori sui quali scaricare la colpa di tutto quel che non le piace.

Una comunità dove piuttosto che citofonare al vicino per risolvere un problema lo si sbeffeggia affrontando le questioni sul gruppo pubblicamente. Una comunità che anziché affrontare i problemi li elenca in un post sui social network convinta di aver dato il proprio contributo alla loro soluzione. E se nessuno li risolve allora la sentenza è sempre la medesima: “vergogna!!!1!!”.

Insomma, se tu “sei del tal paese se…” quasi quasi vien voglia di non esserlo più.

Tomaso Bassani
tomaso.bassani@varesenews.it

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Pubblicato il 04 Luglio 2016
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