Gli agricoltori: “Ripensiamo alla gestione del Campo dei Fiori, ma non vietiamo la caccia”
Confagricolutura entra nel dibattito post incendio e chiede una nuova gestione dei boschi ma soprattutto il mantenimento dell'attività venatoria: "E' la scienza a dircelo"

Una gestione nuova della politica forestale e il mantenimento delle attività dei cacciatori. E’ questo quello che chiede Confagricolutra dopo l’incendio che ha coinvolto il Campo dei Fiori.
“Sappiamo che il valore del legname di molti dei nostri boschi , per le ragioni più varie , è inferiore ai costi di utilizzazione: se non interviene una politica di intervento avremo sempre più boschi malandati , dissestati e pericolosi” si legge in una lunga lettera dell’associazione in cui si sottolinea anche come “la frammentazione delle proprietà boschive private negli anni ha ostacolato od impedito una gestione forestale unitaria e coerente”. In questo senso “siamo consapevoli della molteplicità delle funzioni che un bosco deve svolgere: produttiva, protettiva e naturalistica, non sempre in questo ordine naturalmente; siamo altresì convinti i che in assenza di gestione non si ottengono boschi più naturali e più belli ma si causano solo disastri e degrado. E i nostri boschi , soprattutto quelli siti nelle zone più impervie e lontane dalla viabilità sono esattamente in questa situazione.”
C’è poi l’argomento caccia che per Confagricoltura deve essere affrontato “in maniera molto laica e non dogmatica”. In questo senso la richiesta di sospensione della caccia per due anni in tutto il territorio provinciale viene definita “inutile e dannosa: inutile perché è già previsto per legge il divieto di caccia per 10 anni in caso di incendi boschivi sui terreni interessati dagli stessi. Dannosa perché contraria ai piani di abbattimento redatti da Provincia e Regione ed avallati dall’INFS (Istituto Nazionale Fauna Selvatica) a tutela della stessa fauna”.
Certo è che il rapporto tra fauna selvatica e agricoltura non è facile. “L’esplosione negli ultimi anni della fauna ungulata sul territorio provinciale ha causato e causa ingenti danni agli agricoltori e pericoli per la sicurezza pubblica, in tema soprattutto di viabilità” dice Confagricoltura secondo cui quindi “le popolazioni di ungulati selvatici devono essere controllate con adeguati piani di abbattimento, per giungere ad una situazione di equilibrio e di sostenibilità con le risorse naturali dell’ambente per garantire la conservazione delle stesse specie ed anche per favorire la rinnovazione del bosco. E’ la scienza a dircelo”.
Gli agricoltori spiegano che nonostante “abbattimenti importanti registriamo danni alle coltura agricole che spesso comportano la dismissione dell’attività nelle aree più sensibili per la impossibilità o aleatorietà dei necessari ripristini” e questo “è un danno economico per l’agricoltore ma è una perdita sociale rilevante in termini di paesaggio agrario, biodiversità e tutela idrogeologica”.
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