Tullio De Piscopo non ama la comodità
Il grande batterista torna a “Musica in Villa”, venerdì 20 luglio alle ore 21
Discepolo, maestro e profeta: tutto in uno. Tullio De Piscopo è un artista che si sottrae facilmente alle descrizioni di comodo. Anche perché la musica, per lui, “comoda” non lo è mai stata. Forse divertente. Sicuramente improbabile. Infinitamente, infinita. Batterista senza riserve; drummer nel jazz, nel pop, nell’etnica. Nella fusion e nel latin jazz. Non per un pubblico, ma per i pubblici; per chi ascolta e per chi balla. Tullio torna a “Musica in Villa”, venerdì 20 luglio alle ore 21 (biglietto a euro 10 e 15) dopo la sua esibizione del 2012, con Fabrizio Bernasconi al pianoforte, Luigi Di Nunzio al sassofono, Cesare Pizzetti al contrabbasso, Gianluca Silvestri alla chitarra e Peppi Burrafato alle percussioni.
Torna, e lo fa con un concerto titolato “Drum Fire”: che sappia incendiare i tamburi, non è un mistero. Così come non lo è il suo saper giocare con le spazzole: un volo aereo sui piatti, e la musica non è più la stessa. Il jazz cambia d’umore. È improvvisazione “napoletana”; la scala melodica di Napoli. Quella alla quale si affezionò anche John Coltrane. Così Tullio è terra e mare, polvere e pioggia. È un’anima o centomila. Il fragore del tuono e la carezza della sera. È, nello stesso tempo, melodia e ritmo.
Discepolo perché i dischi di Max Roach li ha ascoltati fino a consumarli (e il sogno di essere un grande batterista l’ha realizzato e non ancora consumato); maestro perché ha insegnato, e insegna, a muoversi sulla batteria ma anche nella vita; profeta perché se Napoli è un incrocio di umanità, la sua musica è un intersecarsi di fotogrammi che si fanno momenti vissuti. E da vivere.
Personaggio unico nel panorama musicale non solo italiano, ha sempre ricordato le sue origini e le tradizioni che lo hanno sempre accompagnato: i matrimoni, le balere, i jazz club di Bagnoli. Poi l’arrivo a Bologna nel 1970 (nell’orchestra da ballo di Paolo Zavallone) e Milano. Dove nel 1974 proprio lui è il turnista più ricercato negli studi di registrazione dove si alternano Jannacci e Gaber, Celentano e Mina, New Trolls e Modugno.
De Piscopo non si guarda mai indietro: sente sempre il profumo del mare, le onde gli stanno accanto. L’”Andamento lento” è un moto della malinconia prima ancora che del corpo: con quel brano partecipa al Festival di Sanremo del 1988 e, nello stesso anno, vince il Festivalbar. Il successo è a tal punto gigante, che con quella hit Tullio si compra casa. Ma il jazz è tutt’altra cosa. È Billy Cobham (drum contest nel 1986 su Rai 1), è Gerry Mulligan (due tour europei e due dischi), è Astor Piazzolla: con il quale registra, negli anni, undici dischi. È il vortice ininterrotto dell’improvvisazione. L’istantanea inarrestabile dell’estro, lo scorrere in crescendo delle voci che annunciano e invitano nei vicoli del Sud, quello sguardo nel quale l’anima è blues ma non è mai nera. Perché ad illuminarla c’è sempre l’ottimismo di Tullio. E con lui quella luce che si tuffa nel mare. Dove il miracolo dell’eternità somiglia ad una lenta rullata.
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