“La manifattura traina il lavoro in provincia anche per i giovani, ma serve formazione”
Confartigianato Imprese Varese ha diffuso i dati dell'osservatorio sul mercato del lavoro. Durante la crisi le pmi si sono tenute strette i talenti ma ora cercano giovani specializzati e spesso non li trovano

Edilizia e comparto tessile soffrono ma è forte il traino della manifattura meccanica, chimica e plastica; i posti di lavoro legati all’export crescono mentre faticano di più quelli dipendenti dal mercato interno e, in generale, le piccole e medie imprese sono una grande fonte di occupazione sempre in cerca di manodopera qualificata.
Si possono ricavare una miniera di informazione dai dati diffusi dall’osservatorio sul mercato del lavoro di Confartigianato Imprese Varese. Uno strumento quanto mai utile e veritiero perché non si basa su rilevazioni demoscopiche o statistica inferenziale ma sui dati reali delle buste paga di 1620 imprese della provincia di Varese che ricevono consulenza dall’associazione.
Dati reali su 9150 lavoratori della provincia, dunque, che sono stati elaborati con l’occhio di chi cerca informazioni che possano essere d’aiuto a comprendere, accompagnare e aiutare lo sviluppo dell’economia varesina e il suo livello occupazionale.
L’osservatorio di Confartigianato ha un focus strettamente attuale, il più recente riguarda il periodo luglio 2017 – giugno 2018, e il suo lavoro sarà diffuso più volte all’anno, ma questa prima pubblicazione guarda indietro fino al 2013 fotografando il dispiegarsi degli effetti della crisi economica.
«Abbiamo osservato con i numeri la forza con la quale la piccola e media impresa ha affrontato la crisi – spiega il presidente di Confartigianato Imprese Varese Davide Galli – consolidato la propria vocazione manifatturiera migliorando l’organizzazione aziendale e avviando percorsi di stabilizzazione e mantenimento delle risorse con più elevato profilo tecnico».
La costante ricerca di manodopera specializzata
Dai dati dell’osservatorio emerge una tendenza molto chiara che riguarda l’occupazione giovanile. «Tra il 2013 e il 2015 chi ha pagato più di tutti le conseguenze della crisi sono stati i giovani – spiega Giulio De Martino, responsabile contrattualistica di Confartigianato -. Gli imprenditori hanno preferito tenersi stretti il personale con maggiore anzianità ed esperienza e questo si è tradotto in un calo del 22% del numero di dipendenti di età compresa tra 19 e 25 anni». Un fenomeno che si è invertito solo dal 2015 «quando abbiamo assistito ad un aumento occupazionale dei giovani in provincia pari al 13%».
Dati che hanno fatto drizzare le antenne di Confartigianato già orientate su un tema sul quale l’associazione lavora da tempo: la formazione. «Oggi assistiamo ad una profonda distanza tra i percorsi di formazione che scelgono i giovani e le reali esigenze delle nostre imprese – spiega Davide Galli -. Una distanza già marcata rispetto a quello che viene insegnato in molte scuole e il patrimonio di conoscenze richiesto dalle aziende». Il risultato è paradossale: «Abbiamo una grande disoccupazione giovanile da un lato e una ancora più grande fame di giovani preparati da parte delle imprese».
Questa distanza, sempre più spesso, viene colmata da un’attività formativa fatta direttamente dalle imprese: «le nostre Pmi ormai formano direttamente la propria manodopera – spiega Galli – e se questo da un lato normale dall’altro c’è bisogno di una politica di sistema che colmi questo gap. Ad esempio auspichiamo che non ci sia alcuna timidezza nel percorrere forme di alternanza scuola-lavoro e sul percorso di apprendistato che vanno incentivati proprio per avvicinare i giovani al mondo del lavoro».

Forme contrattuali e richieste alla politica
Da quando nel 2015 ha cominciato a soffiare, seppur lievemente, la ripresa si è assistito ad un aumento del 70% dei contratti a termine che sono arrivati a rappresentare il 12% dei lavoratori. Un tendenza che però va inquadrata nel comportamento degli imprenditori che vede nei contratti a termine l’anticamera dell’assunzione stabile: «nelle pmi è largamente diffuso – spiga Galli – e la quasi totalità dei contratti a termine si finalizzano in un contratto a tempo indeterminato. Per questo la stretta del Governo su questi temi, seppure marginale, rappresentano un errore madornale in un periodo storico nel quale assistiamo ad una forte ricerca di professionalità».
«Lo abbiamo detto più volte – conclude Galli -: alla politica non chiediamo aiuti economici ma consapevolezza. La sfida oggi è quella di rilanciare il sistema della formazione, quella di introdurre semplificazioni burocratiche e occupazionali e di sostenere i distretti e le filiere».
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