I giornali hanno un ruolo educativo? Daniele Novara protagonista a Glocal
Il noto pedagogista, fondatore e direttore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, interverrà a Glocal. L'appuntamento è per sabato 10 novembre (inizio ore 9) al Teatro Santuccio di Varese

Il mondo in questi ultimi 20 anni è cambiato profondamente sotto i colpi di una disintermediazione tecnologica feroce che non ha risparmiato nessuno. La presenza di nuove piattaforme informatiche ha messo in crisi il rapporto con le fonti d’informazione. Prima che sui giornali, notizie e foto iniziano a circolare sui social media – in particolare Facebook, Instagram e Twitter – che spesso sfuggono al controllo dei classici presidi educativi, come famiglia e scuola. Il risultato è un appiattimento esasperato sulla “virtualità” e una sempre più ridotta propensione a verificare, contestualizzare e spiegare. Ma per quanto impattante sia, il dominio della tecnologia non può essere la scusa per giustificare la mancanza di consapevolezza rispetto al ruolo educativo che la stampa dovrebbe invece esercitare.
La domanda se il giornalismo debba avere anche una funzione educativa nella società, ricorre periodicamente nelle discussioni tra giornalisti, con posizioni molto discordanti tra loro. Una domanda che rimane attuale, nonostante siano passati quasi 30 anni dall’adozione della Carta di Treviso, protocollo nato per disciplinare i rapporti tra il mondo dell’informazione e quello dei minori.
I quel caso gli interessi in gioco sono due, entrambi meritevoli di tutela: il diritto-dovere di cronaca, sancito dalla costituzione, e il rispetto dell’identità e dell’immagine dei minori. Ma è sufficiente attenersi alle regole deontologiche per poter dire di aver svolto in modo responsabile il proprio ruolo? Considerando le scelte fatte da alcuni giornali, sembrerebbe di no.
Mario Calabresi, direttore di “Repubblica“, in un editoriale del 27 luglio 2016, a proposito della scelta di non pubblicare i video e le foto delle stragi dei terroristi dell’Is, disse che la parola chiave in questi casi è «responsabilità», invitando tutti a «usare più la testa della pancia». Era evidente, nella scelta di Calabresi, la preoccupazione di innescare un fenomeno emulativo, soprattutto tra i più giovani. Lo stesso fecero “Le Monde” e altre autorevoli testate francesi, all’indomani dell’attentato nella chiesa a Saint Etienne du Ronvray, in Normandia. Un altro caso che fece discutere molto fu la foto di Aylan Kurdi, il bambino siriano trovato morto sulla spiaggia della Turchia dopo un naufragio. Quella foto andava pubblicata?
Daniele Novara, tra i più importanti pedagogisti italiani, fondatore e direttore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, con i suoi metodi educativi propone una strada per far sì che la società torni a far crescere le nuove generazioni. Scrive Novara: «Sono convinto che il modo più efficace per affrontare le problematiche di bambini e ragazzi sia l’educazione. L’educazione crede nelle potenzialità. L’educazione guarda al bicchiere mezzo pieno e organizza strumenti e processi con l’obiettivo di stimolare, favorire l’apprendimento. Ce ne siamo dimenticati». Una missione fondamentale rispetto alla quale tutti devono svolgere la loro parte, anche chi fa informazione.
Sabato 10 novembre dalle 9 alle 11 Daniele Novara interverrà al Teatro Santuccio di Varese nell’ambito del Festival Glocal. Dialogheranno con lui l’educatrice Barbara Boggio e il vice direttore di Varesenews Michele Mancino.
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