L’omelia di Delpini: “Curare le ferite, segno di speranza per l’umanità”

Il testo integrale, tratto dal sito della chiesa Ambrosiana, dell'omelia dell'arcivescovo Mario Delpini in occasione dei funerali di Giuseppe Zamberletti: un intenso ricordo della sua umanità, straordinariamente attuale

Funerale di Giuseppe Zamberletti

Il testo integrale, tratto dal sito della chiesa Ambrosiana, dell’omelia dell’arcivescovo Mario Delpini in occasione dei funerali di Giuseppe Zamberletti: un intenso ricordo della sua umanità, straordinariamente attuale

Le ferite.
Si può descrivere la vicenda umana come una storia di ferite: le ferite che affliggono uomini e donne, nonni e bambini, popoli del sud e popoli del nord.
Ferite: ferite che lacerano la fragile carne dell’umanità, troppo fragile e troppo inerme di fronte alle violenze, alle insidie dei mali oscuri e indomabili; ferite che fanno sanguinare l’anima, l’animo umano troppo esposto agli insulti dell’ingiustizia, della prepotenza, dell’infedeltà, della cattiveria, della violenza assurda dell’uomo sull’uomo.
Ferite che rovinano la terra, questo pianeta troppo fragile indifeso di fronte alla violenza degli elementi, alla avidità dello sfruttamento, alla stupidità dell’inquinamento.

Ferite che inquinano il convivere degli umani, insinuando il sospetto che gli altri siano una minaccia, suggerendo l’indifferenza come forma di astuzia, incoraggiano l’aggressività come forma di difesa, alimentando l’odio come rivendicazione di diritti.

Ferite, ferite: si può raccontare la storia umana come storia di ferite.
Evitare, ignorare le ferite, approfittarne.
Ci sono quelli che cercano un riparo al rischio di essere feriti in qualche improbabile rifugio, in qualche angolino tranquillo, in qualche rassicurante presunzione di essere al sicuro, anche se gli altri sono nella tribolazione
. Ci sono quelli che cercano di schivare le ferite con qualche astuto artificio e una ingenua fuga che si immagina una estraneità dalla vicenda comune che sia irraggiungibile all’insidia del male.

Ci sono quelli che nelle ferite degli altri, del pianeta, del convivere degli umani intravedono affari, vantaggi miopi di guadagni privati nella pubblica devastazione, acquisizione di potere per gente dissennata che vuole ignorare che dovrà rendere conto.

Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco.
Nella tribolata storia ferita e sofferta dell’umanità si è consegnato anche Gesù il Figlio di Dio: si è fatto figlio dell’uomo, fragile e inerme di fronte alla violenza, esposto alle ferite, anche all’estrema ferita, inutile, assurda, vedendo che era già morto … con una lancia gli colpì il fianco (Gv19,33).

E l’ultima ferita subita da Gesù si rivela sorgente di acqua e sangue, di vita nuova.
Il Verbo di Dio ha visitato le ferite della storia umana, se ne è fatto vittima e ne è diventato il salvatore. Ha mostrato come si curano le ferite, come si guariscono e come possono essere trasfigurate in un principio di salvezza.
Una via per visitare le ferite della storia umana.

Gesù ha dunque aperto una via e ha chiamato a seguirlo: che fare di fronte alle ferite della terra, del cuore umano, del convivere degli uomini?
Questo si può fare: prendersene cura fino a soffrirne, chinarsi sulle ferite per farne principio di vita, di nuova vita, di un convivere riconciliato.

Noi siamo qui a tributare il nostro omaggio, a esprimere la nostra gratitudine, a condividere una preghiera per un uomo che questo ha fatto: si è curato delle ferite dell’umanità. Ha sofferto le ferite degli anni tribolati del terrorismo, e in particolare della drammatica vicenda di Aldo Moro, amico e compagno di partito; ha sofferto le ferite della terra devastata, dei terremoti disastrosi. L’intraprendenza e la determinazione, la lungimiranza e la fiducia nell’umanità dell’On Zamberletti hanno dato vita a un sistema di cura per le disgrazie nazionali che hanno offerto l’occasione alle istituzioni e alla società civile, alle forze dell’ordine e ai volontari per esprimere il meglio di sé.

Le ferite restano dolorose, le morti restano irreparabili, ma i cuori generosi, la società nelle sue espressioni  migliori proprio per chinarsi sulle ferite della terra e della gente ha saputo mobilitarsi, sentirsi fiera di contribuire al soccorso, rendersi disponibile per sacrifici e fatiche con la sola gratificazione di aver restituito speranza, sorrisi, voglia di vivere e gusto di vivere insieme a gente travolta talora da forze incontrollabili della natura, talora vittima dell’ottusità e dell’imprudenza.

L’on Zamberletti resta identificato con la protezione civile, un modello organizzativo di alta qualità e di ideali affascinanti.
Ma in questo ultimo saluto lo sentiamo non solo un benemerito del passato, ma un discepolo che ha seguito Gesù e ha imparato e ha insegnato che sulle ferite umane si devono chinare gli uomini e che in questo prendersi cura degli altri, dei fratelli feriti e tribolati, diventiamo uomini migliori e il meglio di noi stessi diventa motivo di speranza per l’umanità, come se, in qualche modo, anche dalle ferite della storia escano sangue e acqua, una vita nuova.

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Pubblicato il 29 Gennaio 2019
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