Dai Miogni le ricette dei detenuti

Si chiama “Cucinare al fresco”, il magazine con ricette inventate in cella. A ottobre il ricettario made in Varese

Avarie

Darwin parlava di evoluzione riferendosi allo spirito di adattamento e l’uomo è diventato quello che è per aver adattato la propria esistenza ai cambiamenti della vita. Così accade che per chi sta in carcere, chiuso dietro alle sbarre, il tempo possa diventare un supplizio.

E per questo c’è chi studia, lavora e sogna una nuova vita: chissà che fra i detenuti dei Miogni non si nasconda un cuoco chef capace di stupire una volta saldato il conto con la giustizia. Ecco che dopo il “Mandato di cottura” di Como, e il “Diario dei sapori”di Bollate, a Varese giunge “Assapori(amo) la libertà”, il terzo dei laboratori di cucina del progetto “Cucinare al fresco”, ovvero una raccolta di ricette realizzate rigorosamente dietro alle sbarre.

Autori dell’iniziativa non grandi chef e nemmeno scrittori di professione, ma tre gruppi di detenuti che si sono messi in gioco per realizzare una pubblicazione dedicata al food. Una sperimentazione avviata lo scorso anno all’interno dell’Istituto del Bassone di Como, grazie all’allora direttore (oggi a Varese) Carla Santandrea, entrato poi nel carcere di Bollate e ora anche in quello di Varese, in attesa di replicarsi anche in altre strutture lombarde. L’iniziativa è coordinata da Arianna Augustoni e, a Varese, vanta il supporto di Virginio Ambrosini, storico volontario dell’Istituto e anima di moltissimi laboratori di cucina.

Proprio per condividere con l’esterno i sapori e i profumi della cucina, facendolo in modo serrato, oltre ai libri di ricette, il Gruppo di collaboratori ha deciso di lanciare una nuova iniziativa: un magazine che porta lo stesso titolo dell’iniziativa con proposte stagionali. Questa parte del progetto è stata supportata dai Lions Club di Cernobbio e da Alberto Galimberti che, da sempre, è vicino ai ragazzi. Parliamo di 24 pagine di sfiziosità estive che potranno essere facilmente preparate anche da chi ha qualche problema a “vivere” la cucina.

L’iniziativa è nata per caso, da una fortuita chiacchierata coi detenuti, una conversazione che in poco tempo ha reso partecipi tutti i presenti e tutti quanti hanno deciso di impegnarsi per “fare qualcosa di buono”, sia in cucina che nella vita.

Parole, sapori, profumi, ingredienti sono il “sale della vita”, fattori in grado di unire e di sviluppare nuove sensazioni e nuovi bisogni come quello di raccontarsi. Si tratta di una sorta di esperienza di conoscenza e di esternazione dei sentimenti in chiave enogastronomica.

Oltre a raccontare la preparazione di ogni piatto, viene spiegato come ci si deve arrabattare per costruire e mettere in pratica una ricetta, con quali strumenti e con dei tempi molto dilazionati, nell’arco della giornata.

Dagli ingredienti del carrello, a quelli della spesa, passando da quanto entra dall’esterno, il ricettario e il magazine sono un percorso di vita e di speranza. La cucina, la preparazione di un piatto è un linguaggio che ha accomunato i detenuti del carcere.

L’intero ricavato dalla vendita dei magazine e dei libri viene reinvestito per stampare nuove edizioni ricche di sapore.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Luglio 2019
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