Pmi day, le aziende aprono le porte a quattromila studenti

Decima edizione del programma di orientamento organizzato dal Comitato piccola industria di Univa. Giancarlo Saporiti (Presidente): «Per quattro ragazzi su cinque il futuro e nelle pmi del territorio»

Generico 2018

Le parole sono importanti, soprattutto quando si riferiscono al futuro, ai giovani e al lavoro. Giancarlo Saporiti, presidente del Comitato piccola industria di Univa, parlando del Pmi day, ha scelto l’aggettivo «imponente». In effetti i numeri del programma che, dal 4 al 29 novembre, permetterà agli studenti di terza media di visitare 150 aziende del Varesotto sono, appunto, imponenti. La decima edizione del Pmi day porterà nelle industrie manifatturiere del territorio ben 4.300 ragazzi di 37 scuole, da Luino a Caronno Pertusella. (nella foto da sinistra: Roberto Grassi e Giancarlo Saporiti)

C’è un altro motivo però per usare quell’aggettivo. Questa giornata, che è inserita nella Settimana della cultura d’impresa, è stata pensata dieci anni fa, nel pieno di una crisi economica che sembrava dover azzerare dalla sera alla mattina tutte le certezze di un sistema industriale nato due secoli prima. Non deve essere stato facile quindi prendere la decisione di incamminarsi su questa strada, perché lo sforzo organizzativo è stato a sua volta «imponente». Ma un’associazione di rappresentanza, se vuole essere strategica per un territorio, ha il dovere di provare a cambiare il processo culturale che genera il senso comune, in questo caso quello delle famiglie e dei ragazzi, sul significato di fare impresa. I cambiamenti culturali richiedono percorsi lunghi e difficili, ma oggi il Pmi day   quella sfida sembra averla vinta perché è senza ombra di dubbio la più importante manifestazione di orientamento allo studio del territorio. Un risultato raggiunto grazie all’impegno delle imprese associate.

Conoscere quello che fanno le aziende e le competenze richieste diventa determinante per la scelta del percorso scolastico. «È stimolante avere i ragazzi in azienda – spiega Saporiti patron della Samic, azienda metalmeccanica di Lonate Ceppino – le loro domande mettono a nudo le nostre fragilità di imprenditori».

Nel corso di questi dieci anni gli studenti che hanno partecipato al Pmi day sono stati 18.500 e sicuramente una buona parte di loro ha trovato lavoro nelle aziende del territorio. «Gli occupati nel sistema manifatturiero in provincia di Varese sono 126mila, il 33% del totale – continua Saporiti – impiegati per lo più in micro, piccole e medie imprese. È in questo sistema produttivo che si gioca il futuro di quattro ragazzi su cinque».

Il Pmi day è uno scambio di informazioni tra imprese e studenti, dove un importante lavoro di preparazione viene svolto dai docenti. Per favorire questo scambio, da quest’anno, è stata allestita anche un’aula digitale creata sul sito dell’Unione degli industriali della provincia di Varese, dove i docenti delle scuole aderenti al programma saranno affiancati per prepararsi meglio alle visite aziendali.

LA PREPARAZIONE TECNICA NON È UN RIPIEGO

Alla giornata nazionale del Pmi day, prevista per il 15 novembre, partecipa anche il Comitato education del Sistema moda Italia, tra le più grandi organizzazioni mondiali di rappresentanza dell’industria del tessile e della moda. Un comparto i cui ordinativi nel terzo trimestre del 2019 sono in crescita. «Nei prossimi quattro anni le aziende della moda prevedono l’assunzione di 50mila lavoratori – sottolinea Roberto Grassi, presidente di Univa – ma gli iscritti a corsi tecnici e professionali non sono sufficienti. Da qui la necessità di aprire le porte delle aziende a studenti e professori».

Formazione tecnica o liceale? Università o Its? Che cosa bisogna scegliere? In Italia i numeri dicono che la preparazione tecnica avrebbe bisogno di una bella spinta. Gli Its italiani, ovvero gli Istituti tecnici superiori, percorsi di specializzazione post-diploma in settori considerati strategici per lo sviluppo e la competitività del Paese, da non confondere con l’Isis, formano complessivamente 20mila giovani, un numero decisamente insufficiente a soddisfare la richiesta del mercato. Gli Its dei soliti tedeschi, per fare un raffronto, ne sfornano 800mila. «Un tempo, sbagliando – spiega Grassi – il ragazzo che andava bene a scuola lo si mandava o al liceo scientifico o al classico. Gli altri venivano orientati verso le scuole tecniche. È stato un errore, perché la formazione tecnica garantisce una percentuale altissima di occupabilità. Parliamo di posti di lavoro con caratteristiche di alta responsabilità e competenze tecniche avanzate. Penso che la famiglia durante il Pmi day possa essere un ottimo influencer nell’orientamento dei figli».

Qualcosa sta cambiando anche in Italia. In un recente convegno alle Ville Ponti la responsabile di Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa che vaglia le performance delle singole realtà e di ogni corso, ha presentato alcuni dati incoraggianti, secondo i quali anche i ragazzi in possesso della maturità classica o scientifica si iscrivono ai corsi Its. «Certamente non aiuta la definizione Its – conclude Alba Ciserani, responsabile area formazione di Univa – perché si sovrappone alla formazione tecnica secondaria superiore. Si è pensato anche alla definizione francese si école supérieure. Comunque la si chiami, una cosa è certa: sempre più spesso i ragazzi che dopo il diploma scelgono gli Its vengono prenotati dalle aziende con largo anticipo sulla fine del corso».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 30 Ottobre 2019
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