“Il ciclo della violenza che imprigiona molte donne non fa distinzione tra ricchi e poveri”

Come funzionano i meccanismi della violenza e come sfuggirne sono stati i temi dell’incontro che si è tenuto lunedì 25 novembre 2019 al collegio Cattaneo

violenza sulle donne insubria

All’inizio l’uomo sembra solo irritato, con sentimenti di insofferenza e ostilità che sfociano in forme di aggressività in qualche modo “tollerabili”. La tensione però continua a crescere, l’uomo perde ogni controllo e dà libero sfogo alla violenza. Quando tutto sembra finito, arriva il pentimento, le scuse e le promesse di cambiare, solo per poi ricominciare tutto dall’inizio.

Questo è il ciclo della violenza: un vortice che avvolge e imprigiona molte donne vittime di maltrattamenti da parte dei partner o di altri familiari. La violenza sulle donne è stata al centro della conferenza organizzata all’Università degli studi dell’Insubria lunedì 25 novembre 2019. All’incontro hanno partecipato Valentina Grassi, fondatrice del movimento “Seguendo il Filo d’Arianna”, Ilaria Sottotetti, patrocinante in Cassazione, Asia Jane Leigh e Andrea Simioni di Amnesty International.

«La violenza sulle donne – ha spiegato Ilaria Sottotetti – è un fenomeno estremamente trasversale. Non è possibile restringere gli episodi ai ceti sociali più poveri. Esistono molti casi di maltrattamenti anche in famiglie insospettabili: colletti bianchi che usano forme di violenza psicologica più sottile e sofisticata, ma altrettanto ma ugualmente pericolosa».

In Italia nel corso degli anni sono diminuiti gli omicidi che coinvolgono gli uomini, ma quelli in cui le vittime sono le donne continuano a rimanete costanti. «Esiste – ha fatto sapere Andrea Simioni – una cultura della violenza che va combattuta. La violenza sulle donne è una vera e propria discriminazione di genere, e bisogna battersi perché i diritti delle donne siano garantiti sempre».

Secondo i criminologi, i carnefici non possono essere considerati malati. Si è però scoperto che molti uomini violenti con la propria partner hanno alle spalle una storia familiare dove il padre picchiava la madre. I bambini e i ragazzi che assistono alla violenza domestica hanno quindi più possibilità di diventare carnefici.

Il Codice penale prevede aggravanti se agli episodi di violenza assiste un minore, e il giovane può costituirsi come parte lesa anche se non è stato coinvolto direttamente nei maltrattamenti.

«1522 è il numero antiviolenza – ha detto Valentina Grassi -. È un numero che dovrebbe essere messo in ogni scuola a disposizione di ogni ragazza e ogni ragazzo in ogni momento. Quante vite si potrebbero salvare».

Esistono infatti casi di violenza che coinvolgono ragazze giovanissime, dove il carnefice è il padre. In ogni caso per la donna maltrattata è spesso difficile allontanarsi da questa condizione. La paura di essere allontanata dalla casa, di non avere disponibilità economica, di perdere la custodia dei figli, tutto questo porta molte donne a non denunciare la violenza. Esistono però delle tutele importanti proprio per venire incontro a questi problemi.

Innanzitutto, in molti casi non sono necessarie prove schiaccianti per far partire un procedimento giudiziario, basta la testimonianza della vittima. Per le donne che non possono mantenersi a livello economico la legge può imporre ai partner di versare loro una parte dei guadagni. Ci sono poi molti centri antiviolenza dove psicologi, avvocati e volontari sono pronti a dare una mano alle donne vittime di violenza – a volte attraverso l’assegnazione di abitazioni temporanee sicure – e aiutarle a reinserirsi nella società. Inoltre, le donne vittime di violenza non rischiano mai di perdere i figli una volta sporta denuncia, anzi, una madre può perdere la custodia dei propri figli se non denuncia le violenze subite.

«Grazie – ha poi raccontato Asia Jane Leigh – alle indagini svolte dai nostri attivisti, abbiamo portato alla luce il fenomeno della violenza online. Sotto i post che parlano di violenza sulle donne, un commento su tre è di odio o di negazione dell’esistenza del problema. La politica e la legge stanno lavorando su questo tema, ma bisogna impegnarsi di più sugli aspetti culturali».

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Pubblicato il 27 Novembre 2019
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