Una band all’apice del successo
… che si avviava alla conclusione
Cinque album in due anni non era proprio cosa da tutti nemmeno in quel periodo, ma per i Creedence fu un crescendo e questo fu probabilmente il loro punto più alto, anche come successo. Li avevamo già incontrati a dicembre, ma forse se c’è un loro disco da avere – anche le compilation in realtà non sono male – è proprio questo. Come dicevamo la psichedelia, con anche a volte i suoi eccessi, era praticamente finita e gli USA non vedevano l’ora di tornare al rock’n’roll, che peraltro parlava di una egemonia propria che si era un po’ persa sin dai tempi dei Beatles e della British Invasion. E i legami al rock’n’roll sono molto evidenti sin dalla notissima Travelin’ Band, che sarà poi portata in tribunale da Little Richard come plagio della sua Good Golly Miss Molly: si arrivò ad un accordo extragiudiziale e quindi non si sanno le cifre. Ma poi c’è quella ballata strepitosa che è “Who’ll stop the rain”, e anche qualcosa di molto più lungo come la cover di “I heard it through the grapevine” che aveva già avuto tante cover, con su tutte quella di Marvin Gaye. Purtroppo, come erano diventati velocemente famosi anche la discesa fu rapida: l’ultimo buon album uscirà a dicembre; i fratelli Fogerty litigheranno; e dopo un album deludente John si darà alla carriera solista. In sostanza durarono poco più di due anni.
Curiosità: la Factory del titolo non era come si crede la cantina del batterista Doug “Cosmo” Clifford. Era in realtà un magazzino affittato dove il gruppo andava a provare: siccome John Fogerty li faceva provare tutti i santi giorni, Cosmo lo chiamava “andare in fabbrica (factory)” e da lì prese il nome l’album.
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