L’espressività vocale di Neil Young
Il primo disco solo dopo Déjà vu
Déjà vu aveva proiettato CSN&Y nell’Olimpo delle star, e li aveva portati allo scioglimento, causando in breve l’uscita di quattro album singoli. Il primo a uscire, l’unico a non essere un esordio (era addirittura il terzo!) fu quello di Neil, che veniva dalle esperienze decisamente rock di Everybody knows this is nowhere. Tutta la sua carriera oscillerà tra rock anche abbastanza duro e sognanti ballate: questo splendido disco fa parte più della seconda ispirazione e lo porterà dopo un anno e mezzo alla consacrazione di Harvest. Un intervistatore chiese una volta a Graham Nash se la sua indubbia capacità vocale fosse necessaria al successo: rispose che sentendo Young e Dylan non si sarebbe detto! Perché è difficile dire che Neil canti bene, ma lo fa in maniera talmente personale ed espressiva da risultare unico. Ad accompagnarlo chiamò ancora i suoi Crazy Horse e qualche altro amico, fra cui il diciottenne chitarrista Nils Lofgren (lo vedremo per anni con Springsteen) che mise al piano, strumento che non suonava in maniera continuativa. L’accoglienza dei critici fu inizialmente abbastanza negativa, ma nel corso del tempo cambiò e non c’è classifica di dischi importanti di quegli anni che non lo comprenda; quella del pubblico fu ottima e rimane uno dei dischi più venduti di Neil.
Curiosità: il testo della title track è abbastanza criptico – Neil dirà in seguito di non ricordarsi di cosa parlava, ma pare fosse la colonna sonora di un film poi non realizzato – ed ha riferimenti a una fine apocalittica, forse nucleare, della California, terra nata appunto dalla corsa all’oro. Nella terza strofa, come in Wooden ships di Crosby, vi è la visione della salvezza di un gruppo di eletti, qui a bordo di una nave spaziale. Jackson Browne in seguito avrebbe chiuso il discorso.
Potete sentire l’intero album qui:
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