In memoria di Lionello Sanfelice
I ricordi di chi lo ha conosciuto e che con lui ha condiviso parte della sua vita
Varesenews vuole rendere omaggio a chi se n’è andato in silenzio, senza un momento in cui elaborare il lutto, la possibilità di dirsi ciao. Per questo abbiamo aperto un “memoriale” per raccontare chi oggi non è più tra noi. Per partecipare potete scrivere qui. Il servizio è gratuito.
Lionello Sanfelice si è spento a 92 anni lo scorso aprile.
Lo chiamavano il “cartavedar” prima che diventasse il papà di Radio Lupo Solitario: Lionello Sanfelice, per molti Nello, originario di Mantova, ha lavorato per anni in una piccola azienda insieme alla moglie, Pina; poi ha fondato Radio Lupo Solitario.
«Non ho solo perso un padre – racconta il figlio, Eliseo Sanfelice – perché per me è stato un amico e un compagno di viaggio. Dopo la morte di mia madre, cinque anni fa, sono andato a vivere con lui perché non voleva allontanarsi da Samarate: ci siamo uniti ancora di più. Era anche il padre della radio, per questo mi chiamavano “il figlio del lupo” : la comunità che vi è nata intorno è diventata la mia casa». In quegli anni artisti come i Punkreas e i Bluvertigo erano di casa a Radio Lupo: «Avevo un padre rockettaro, raro a quei tempi. Alcuni miei coetanei avevano un padre che magari andava a ballare il liscio, il mio era diverso. La musica rock è stata la colonna sonora della nostra esperienza in radio, ma anche fuori».
Amava la musica a tal punto che non l’ha mai considerata un lavoro fine a sé stesso: la radio per lui era una fonte di divertimento, non di guadagno. «Nello era il cuore, la testa e la macchina della radio, pensavo addirittura che avesse inventato lui tutti quei macchinari», racconta Noise dei Punkreas, che ha lavorato per molti anni con i Sanfelice. «Quando al mattino ero in ritardo lo chiamavo chiedendogli di mandare un’altra canzone o la pubblicità per prendere tempo; per me la radio era una seconda famiglia, ogni mattina Nello e sua moglie mi accoglievano con un clima famigliare unico, sono cose che ti rimangono per sempre nel cuore. Nello mi raccontava tantissime cose di lui e ogni mattina sua moglie, la Pina, entrava con i giornali che servivano per la trasmissione, la colazione e il caffè». «Quando tornavano da Mantova mi portavano sempre i dolci tipici, squisiti».
Una persona per bene, mite, molto espansivo e con tanti amici, «aveva la filosofia del tipico musicista»: «Ha sempre spronato me e mia sorella a coltivare interessi culturali e musicali, secondo lui i ragazzi avevano bisogno anche di questo; in più quando tornavamo da scuola, per pranzo, stavamo insieme e parlava molto con noi. Questa è una cosa che vedo fare solo dai padri di adesso, all’epoca era raro. Siamo stati fortunati».
Ha sempre amato la vita e stare con gli amici, a settant’anni si era comprato una piccola spider rosso fiammante: «Aveva guidato fino a Mantova per andare da mio zio e, insieme, si erano fatti proprio un bel viaggio». Non amava la politica – «a differenza mia» – ma era appassionato di eventi musicali e dello spettacolo, si spendeva molto per l’organizzazione.
«Ho apprezzato il momento del funerale, che ho sentito meno pesante anche se il vuoto rimane. Lo abbiamo fatto all’aperto e con la limitazione delle persone che potevano partecipare, sembrava di stare in un film americano. In quel momento c’è stato il riconoscimento di uno che a Samarate ha lasciato il segno: erano presenti il sindaco e molti ragazzi che con hanno condiviso la musica e parte della loro vita».
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