Lavoratore dello spettacolo e frontaliere: il Covid mi ha penalizzato due volte

Renato "Nicola" Calzoni faceva oltre 250 serate all'anno per lo più in Svizzera dove versava i contributi. Con il lockdown non ha più potuto lavorare e nemmeno avere un reddito di sostegno sufficiente

Generica 2020

«Mi sento come se stessi bussando alla porta del paradiso», ma nessuno gli apre. Renato “Nicola” Calzoni cita un celebre brano di Bob Dylan, “Knockin’ on heaven’s door”, uno di quelli che non manca mai nella scaletta delle sue serate nei locali svizzeri e italiani dove  suonava prima della pandemia.
Ritrovarsi a 56 anni con un lavoro che si è sempre amato e non poterlo fare è già di per sé un dolore che però si trasforma in dramma se non si hanno altre possibilità per mantenersi, dopo aver dato fondo a tutte le riserve possibili e immaginabili. In questa situazione durante i due lunghi lockdown si sono trovati molti artisti italiani, ma quelli che si esibivano principalmente nei locali svizzeri hanno avuto una doppia penalizzazione.

Dopo aver lavorato per una radio ed essersi fatto un buon nome nei locali oltre frontiera, Nicola Calzoni è stato assunto con un contratto a chiamata da una Sagl, una società cooperativa. Contributi pagati, tasse pagate, conto corrente aperto in Italia «per tenere tutto alla luce del sole» e tanto lavoro. Alla fine del 2019 la cooperativa chiude, ma il musicista non ha problemi, il suo nome è conosciuto, le richieste abbondano e continua a lavorare con la partita Iva.

I VERSAMENTI FATTI IN SVIZZERA

A febbraio del 2020 arriva il primo lockdown e anche la prima amara sorpresa: per accedere al contributo riservato ai lavoratori dello spettacolo di 600 euro, ottenuto dopo la rivendicazione fatta dal sindacato, bisogna avere fatto un minimo di trenta versamenti Enpals nel corso dell’anno, poi scesi a sette. «Io i versamenti dei contributi per l’Avs (Assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti, ndr) li avevo fatti regolarmente in Svizzera – sottolinea Calzoni – quindi non potevo accedere ai sussidi italiani e non potevo avere neanche quelli svizzeri perché bisogna essere residenti o almeno domiciliati lì da loro. Insomma, dei 5400 euro che avrei dovuto avere, non ho visto un solo euro».

Prima della pandemia, Renato non ha mai avuto problemi di reddito: vive a Mergozzo (Verbania – Cusio_ Ossola) in un appartamento signorile in affitto, ha un’automobile, negli anni si è costruito una strumentazione tecnica per le registrazioni musicali di tutto rispetto ed è anche un apprezzato informatico. Viene da una famiglia di imprenditori e per tanti anni ha lavorato nel ricamificio di famiglia, ma la sua passione è sempre stata la musica che ha coronato con un diploma di pianoforte e una carriera che lo ha ripagato tanto in termini di notorietà nei locali sul lago a ridosso del confine.

REDDITO DI EMERGENZA E DI CITTADINANZA

Ha ottenuto 800 euro del primo reddito di emergenza e recentemente hanno accolto la sua richiesta di reddito di cittadinanza, ma con 300 euro non arriva a pagare nemmeno l’affitto. Calzoni, che in un anno arrivava a fare 250 serate, denuncia anche un malcostume, soprattutto italiano, con i proprietari e i gestori dei locali che spesso “dimenticano” di versare i regolari contributi. «I locali pagano sempre la Siae perché sanno che ci sono i controlli e le relative multe – spiega il musicista – Lo stesso non si può dire per i contributi Enpals dovuti agli artisti. E lo giustificano senza vergogna: gli costa meno pagare un musicista, che con tutta la sua strumentazione intrattiene il pubblico, che un service esterno. Il rischio di impresa è quindi tutto sulle nostre spalle. Non parliamo poi dei matrimoni, altra giungla».

Calzoni ha lanciato un appello sulla sua pagina Facebook. Uno sfogo non privo di ironia, con la piena consapevolezza che i lavoratori dello spettacolo – non stiamo parlando certo di quelli famosi – fino ad oggi sono stati degli invisibili. Si sta parlando di oltre 300mila persone che non hanno un’identità collettiva e di categoria portatrice di diritti, per dirla con un linguaggio sindacale.

All’orizzonte sembrano però esserci buone notizie. Nell’ultima manovra finanziaria è stato introdotto in via sperimentale per il triennio 2021-2023 un nuovo ammortizzatore sociale: si chiama ISCRO (l’indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa) ed è la cassa integrazione per i lavoratori autonomi e le partite Iva.
«Che cosa accadrà? – conclude Calzoni – Noi musicisti quando tornerà il sole dimenticheremo tutto questo. In Italia siamo 330mila e con 6 milioni del Recovery fund si potrebbe porre riparo a una situazione ingiusta. Staremo a vedere».

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Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 11 Gennaio 2021
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