Mafia e sequestri, indagini della Finanza anche a Varese

Il sequestro interessa 17 società e 48 immobili. Nell'operazione, 'Follow the money', sono impegnati oltre 100 militari delle Fiamme gialle

Generica 2020

Militari della guardia di finanza stanno eseguendo un’ordinanza cautelare per 26 indagati e sequestrando per beni per oltre 50 milioni di euro ritenuti frutto di investimenti in Sicilia, Lombardia – anche in provincia di Varese –  e Veneto della mafia imprenditoriale del clan Scalisi-Laudani.

I reati ipotizzati, a vario titolo, dalla Dda di Catania sono associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.

Il sequestro interessa 17 società e 48 immobili. Nell’operazione, denominata ‘Follow the money’, sono impegnati oltre 100 militari delle Fiamme gialle del comando provinciale di Catania, in collaborazione con lo Scico di Roma. Sono in corso perquisizioni.

Il giudice presso il Tribunale di Catania, su richiesta della Procura Distrettuale, ha condiviso la configurabilità del concorso esterno a carico dei due imprenditori ed emesso ordinanze cautelari personali e reali nei confronti di 26 persone indagate, a vario titolo, per associazione a delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori al fine di eludere la normativa antimafia.

Nel dettaglio, sono state seguite dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 indagati e il sequestro preventivo nei confronti di tutti i 26 indagati delle quote societarie e dei compendi aziendali di 17 società aventi sede in Sicilia, Lombardia e Veneto, di 48 beni immobili tra terreni e appartamenti situati tra Catania e Messina, oltre che di conti correnti e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 50 milioni di euro.

Inoltre, nel corso delle attività di perquisizione domiciliare nei confronti degli arrestati sono stati rivenuti e sottoposti a sequestro oltre 1 milione di euro in contanti, orologi, preziosi e auto di lusso, tra cui una Ferrari modello F458 del valore di 200 mila euro, due Porsche e un’Audi Q8.

Le indagini hanno permesso di accertare la forte capacità del gruppo mafioso di inserirsi nel tessuto economico-sociale e di infiltrarsi in strutture produttive attive sull’intero territorio nazionale e con sede nel Nord-Est, dalle quali traeva poi finanziamento.

In particolare, l’indagine ha evidenziato come il capo clan, anche dal carcere (ove è sottoposto al regime del “carcere duro”), abbia continuato a rappresentare il punto di riferimento dell’associazione criminale, dirigendo – anche nel corso dei “colloqui” presso l’istituto di reclusione – l’attività della consorteria criminale e ciò grazie soprattutto al nipote, al quale è stato riconosciuto un ruolo di assoluto rilievo nell’ambito del sodalizio quale portavoce dello zio sul territorio e supervisore degli investimenti.

Le investigazioni, condotte dalle unità specializzate del GICO del Nucleo Polizia economico finanziaria di Catania, hanno poi posto in luce il “concorso esterno” nell’associazione mafiosa di due imprenditori catanesi, i quali hanno sistematicamente operato a favore del capo clan, riuscendo in questo modo: da un lato, a “occultarne” il relativo patrimonio, grazie a plurime intestazioni fittizie di beni e società illecitamente acquisiti nel tempo;  dall’altro, a incrementare in maniera costante e considerevole le loro disponibilità economiche e finanziarie, potendo contare sugli ingenti e illeciti apporti di capitale derivanti dalle attività della consorteria criminale e sulla protezione offerta loro dallo stesso clan.

Al riguardo gli investigatori evidenziano che «i predetti imprenditori – inizialmente operanti nel settore della logistica e dei trasporti nella zona di Adrano – potendo contare sulla copertura anche finanziaria fornita dall’associazione mafiosa oggetto di indagine hanno progressivamente esteso sull’intero territorio nazionale le loro illecite attività imprenditoriali,
gradualmente diversificandole e rilevando anche società operanti nel settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi in Veneto e Lombardia».

È emersa altresì la figura di un altro sodale, quale importante riferimento dell’associazione criminale nel territorio di Adrano, Paternò e Biancavilla, attivo in particolar modo nel settore dei trasporti.

È stata così disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 soggetti, sottoposti a indagine a vario titolo per associazione a delinquere di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori, poiché hanno fittiziamente attribuito la titolarità di altrettante imprese a svariati prestanome, con la duplice finalità di eludere la normativa antimafia e di favorire il clan Scalisi.

È stato inoltre sottoposto a sequestro, nei confronti di 26 indagati, il rilevante patrimonio del clan SCALISI – per un valore allo stato stimato in circa 50 milioni di euro – costituito da: – quote societarie e relativi compendi aziendali di 17 società aventi sede in Sicilia (province di Catania e Enna), Lombardia (Varese e Mantova) e Veneto (Verona), attive nel settore della logistica e della commercializzazione del carburante;
– 48 immobili, di cui 15 fabbricati e 33 appezzamenti di terreni, tutti situati tra la provincia di Catania e Messina.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Febbraio 2021
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