Cosa c’è dietro le lunghe attese al Pronto Soccorso, lo spiegano i “capi”

I professori Massimo Agosti e Walter Ageno, alla guida rispettivamente del Pronto Soccorso pediatrico dell'ospedale Del Ponte e del Pronto Soccorso dell'ospedale di Circolo rispondendo ad una lettore

pronto soccorso di varese

I professori Massimo Agosti e Walter Ageno, alla guida rispettivamente dei servizi pediatrici dell’ASST Sette Laghi, tra cui il Pronto Soccorso pediatrico dell’ospedale Del Ponte il primo, e del Pronto Soccorso dell’ospedale di Circolo il secondo, rispondono alla lettera pubblicata da Varesenews.

Qui la lettera

Il Pronto Soccorso e il modello “Lombardia” dell’attesa infinita

Circa l’accesso al Pronto Soccorso Pediatrico a cui si fa riferimento nella lettera, confermo che il codice colore assegnato in triage per la sintomatologia segnalata e dopo la valutazione oggettiva da parte dell’infermiere di triage era bianco, in quanto vi era una sintomatologia ad insorgenza non acuta e con parametri e funzioni vitali nella norma, pertanto con un tempo di attesa previsto di 240 minuti – ricostruisce Agosti – Quella sera in Pronto soccorso pediatrico infatti c’era, come spesso accade essendo la postazione pediatrica di riferimento per l’emergenza-urgenza, molta affluenza di pazienti già valutati e in attesa di esami eseguiti, e di pazienti ancora da visitare, pertanto in fase di triage.

Per ottimizzare i tempi l’infermiere ha proposto alla madre l’esecuzione del tampone per Covid-19 alla piccola, spiegando però che l’etichettatura del campione (necessaria per l’invio in laboratorio) sarebbe stata eseguita dal medico solo dopo visita e compilazione della scheda per la notifica di casi di virus respiratori. La madre ha acconsentito. I genitori hanno richiesto di allontanarsi prima di eseguire la visita medica, pertanto il percorso della piccola si è fermato in fase di triage e il campione prelevato non è stato inviato, così come precedentemente spiegato alla madre.

Ricordo che il Pronto Soccorso Pediatrico è una postazione sanitaria adibita alla presa in carico e gestione di problematiche pediatriche di urgenza-emergenza, per i pazienti con lesioni ad insorgenza acuta o a rapido rischio evolutivo. Al Del Ponte – tiene a sottolineare Agosti – vengono comunque presi in carico e visitati tutti i pazienti che lo richiedono (non viene mai rifiutato nessuno e per nessuna problematica), nel rispetto del codice colore assegnato, proprio per permettere di assistere coerentemente i piccoli con compromissione delle funzioni vitali e quindi più bisognosi di cure immediate.

Le attese nei PS sono purtroppo comuni a tutti gli ospedali e si acuiscono in quelli di maggiori dimensioni come il nostro – aggiunge Ageno – che ricevono pazienti anche da province limitrofe facendosi carico di emergenze ed urgenze di una popolazione molto numerosa. Tutti vorremmo evitarlo, ma proprio per fare fronte ad accessi così numerosi tutti i giorni, e soprattutto alle necessità di tanti pazienti critici, chi si presenta per condizioni non urgenti deve sapere che potrebbe capitargli di dover attendere.

Per quanto riguarda il caso descritto nella lettera, poi, le ragioni dell’attesa sono diverse – continua Ageno – Ad esempio, a causa della pandemia esiste un doppio triage per garantire la sicurezza degli accessi dei pazienti prima dell’arrivo in sala d’attesa (per capire a quale sala d’attesa destinarli). Questo può rallentare l’ingresso dei casi non urgenti, come quello della moglie di chi scrive, mentre i casi urgenti hanno ovviamente un accesso più rapido.
Da un punto di vista organizzativo, poi, gli accessi alle sale sono regolati dai codici colore che determinano le priorità in base alle urgenze delle visite. Se il totale dei pazienti in carico è rimasto costante nel corso della mattina, come scrive il lettore, non significa che il medico non stesse lavorando, altrimenti possiamo garantire che il numero di pazienti in attesa sarebbe triplicato in poco tempo. In questi casi, quello che succede è che arrivano codici più alti che hanno la precedenza e che oltretutto richiedono più tempo per la gestione, allungando le attese dei casi non urgenti. Come detto, i casi urgenti utilizzano un altro accesso e i pazienti in sala di attesa non li vedono.

Il medico in sala, poi, è un medico di PS e non un ortopedico ed è sempre stato presente quella mattina (così come è presente 24 ore su 24) lavorando incessantemente per visitare gli accessi secondo le urgenze. L’ortopedico è uno specialista che, come tutti gli altri specialisti dell’ospedale, viene chiamato in consulenza solo se questo è ritenuto necessario dal medico di Pronto Soccorso. Si consideri, del resto, che l’ospedale di Circolo è sede anche di in centro traumi ad alta specializzazione, quindi tutte le figure necessarie per gestire i traumi più complessi sono presenti h24.

Suggerirei infine – conclude Ageno – di evitare di invitare le persone ad entrare con le telecamere alla mano violando la privacy di tanti pazienti in attesa: non solo perché sarebbe un reato, ma anche perché documentare ciò che non si capisce non aiuta nessuno”.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 23 Ottobre 2021
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