Rispetto ai monumenti dedicati ai Caduti

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Siano sacri i diritti dei defunti
“Deorum Manium Iura Sancta Sunto”.

Per la ricorrenza del 4 novembre 1918, data della fine della Grande Guerra, nei nostri paesi si è reso omaggio ai caduti, con una presenza – più o meno numerosa e convinta – davanti alle lapidi che ne testimoniano il sacrificio.

In diverse occasioni mi è stato chiesto di presenziare a simili cerimonie e quasi sempre ho risposto in modo affermativo.

Per me, oggi che di anni della mia esistenza ne sono ormai trascorsi, è sempre stata un’occasione importante e significativa. Dietro quei nomi incisi nelle lapidi vedo il mio simile, con la sua sofferenza nella morte. E di conseguenza il mio pensiero va ai caduti in questo dolore estremo, amici o nemici, tutti ‘affratellati nella morte’.

Il Milite Ignoto è stato scelto tra undici soldati riesumati dai campi di battaglia più cruenti della prima Guerra Mondiale. Nella ricerca di una salma sul Monte Ortigara è emersa anche quella di un soldato austriaco: “Affratellati nella morte” è stato il mio primo pensiero. In quei terribili “20 giorni sull’Ortigara” sono stati talmente tanti i caduti in combattimento che italiani e austriaci sono finiti uno accanto all’altro nelle fosse scavate per seppellire quello scempio di giovani vite.

Durante le cerimonie il mio animo mi porta oltre l’occasione, va a quanti ci ‘hanno preceduto’ e l’augurio è che ‘il sonno sia lieve’.

In quei momenti, quando il prete benedice la lipide con i singoli nomi incisi, il mio cuore batte per tanti altri caduti: sulle strade, sul lavoro, negli ospedali, nel compimento del proprio dovere o perché strappati alla vita in realtà impensate, dove sogni solo l’attesa del domani.

Il rispetto e la venerazione per i morti hanno un’origine antica, come antico è l’uomo e il suo essere creatura pensante. Grande dono è questo: di ricordare gli affetti più cari. E i monumenti della storia racchiudono questo profondo significato, carico di energia per quanti vi si accostano.

Provo un profondo rammarico quando mi riferiscono di vandalismi e oltraggio a questa memoria, incarnata nei simboli del ricordo.

Segno che non abbiamo educato abbastanza.

Gli alpini presenti alla posa della corona di alloro al monumento che lungo il Margorabbia, in località Brissago Valtravaglia, ricorda i caduti della battaglia del San Martino del novembre ‘43, mi hanno richiamato questa ‘disattenzione’ e hanno voluto queste due righe per richiamare rispetto per quella terra sacra che in una fossa comune di notte ha visto accolto otto corpi martoriati di giovani che hanno creduto alla ribellione nei confronti dell’invasore tedesco e dei fascisti, che ne erano diventati i sostenitori.

Gli alpini con pazienza ripuliscono, rendono decoroso quel sacello e la loro volontà infinita supera l’oltraggio del passante che col suo comportamento indecente, e forse ignaro, offende la dignità di un Paese.

Mi ha fatto piacere notare tra questi alpini due bambini, sorridenti e felici per aver contribuito a dare decoro alla memoria dei caduti. Uno portava il cappello da alpino, con la moppina rossa, ‘della Testafuochi di Aosta’, dono di Franco Rabbiosi, un alpino che è ‘andato avanti’… e che a queste cerimonie non mancava mai.

Carlo Banfi

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Novembre 2021
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