Dio ci scampi dal “leaderismo”. In libreria il saggio di Gino Pastore a un anno dalla sua scomparsa

Gino Pastore ci ha lasciato un ultimo libro dedicato al ruolo (e ai limiti) della figura del leader partendo da una riflessione fondamentale: chi è chiamato a decidere per gli altri ha le qualità per farlo? 

Varese generiche

Un anno fa moriva Gino Pastore, ingegnere, saggista, persona che alla comunità varesina ha dato tanto. Prima di andarsene ha lasciato un nuovo e ultimo libro dedicato al tema della leadership: “Contro ogni leaderismo” (Edizioni d’Este), presentato al Teatro Santuccio di Varese alla presenza della famiglia, degli amici, dell’editore e dei tanti colleghi che gli hanno voluto bene. Una giornata intensa e piena di emozioni, condotta magistralmente da Gaetano Matricardi, un’occasione speciale per salutare una persona speciale. Un saluto atteso e rimandato per quasi un anno a causa del Covid.

Questo nuovo libro di Gino Pastore, come del resto ci aveva abituato con i precedenti, affronta con una raffinata capacità di visione un tema importante destinato a impattare sulle nostre vite più di quanto si pensi. La leadership, in un momento di cambiamento come quello che stiamo attraversando, è cruciale e Pastore si pone le domande che tutti noi dovremmo porci: ma chi prende le decisioni per conto di qualcun altro ne è all’altezza? Ha le conoscenze per decidere e con esse anche i saperi, le competenze, l’etica e soprattutto il senso di responsabilità, cioè tutto il necessario per caricarsi sulle spalle il destino di una comunità, sia essa un’impresa, un’associazione o uno stato?

“Contro il leaderismo” risponde a tutte queste domande, partendo da un assunto per nulla scontato: l’esito di una decisione, al netto del destino, dipende sempre dalla qualità della persona chiamata a decidere per gli altri.
 È sorprendente il punto di partenza della visione dell’autore perché ne rivela la sua originalità.

Lo spunto gli è stato dato da un film “La via del west“, una pellicola del 1967 diretta da Andrew McLaghen. Un film di oltre due ore e non certo da inserire nella storia del cinema, ma con autentici giganti della recitazione che ai suoi occhi evidenziava nei personaggi maschili l’esternazione di ben tre delle sette categorie di leadership che aveva individuato: dissonante (passionale ma divisiva), consonante (concreta ma concentrata su interessi particolari) e asseverativa (autorevole ma non gerarchica). «Il leader dissonante è oggi la figura di maggior rilievo e punto di riferimento di tutti coloro che vedono nella leadership un potente strumento per risolvere i problemi della gestione sociale ed economica».
La storia ci fornisce esempi famosi. Da Giulio Cesare, la cui leadership dissonante è stato un vero e proprio modello replicato nei secoli a venire, a Lucio Quinto Cincinnato, una figura sì dissonante ma animata da un sincero spirito di servizio. In tempi più recenti abbiamo visto all’opera la «triade maledetta» rappresentata da Mussolini, Stalin e Hitler.
Tra i leader consonanti Pastore include Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Alcide de Gasperi. Mentre tra gli asseverativi colloca Mahatma Ghandi, Che Guevara e Nelson Mandela. 
Non manca un riferimento ai cosiddetti e-leader o influencer generati dalle piattaforme digitali così cari alle nuove generazioni.

A partire dagli anni Settanta del secolo scorso è però iniziato un fenomeno nuovo, il leaderismo, una deformazione patologica della leadership. Scrive Pastore: «Ci sono figure che appaiono e scompaiono con una velocità impressionante e che lasciano come prova del loro passaggio solo le macerie fumanti della loro angosciosa ricerca di visibilità esasperata e di potere effimero tutto teso ad arraffare il più rapidamente possibile una rendita che li assicuri per il resto dei loro giorni».

In questo libro c’è uno sguardo che va ben oltre i confini del saggio. L’autore, che rivela una profonda cultura che spazia dagli autori classici ai contemporanei, non si accontenta di elencare ciò che non va, ma prova a indicare delle soluzioni. 
In un contesto sociale ed economico profondamente cambiato, secondo Pastore, va rimessa al centro la politica a condizione che ritorni ad essere «autorevole e animata da uno spirito di servizio», ricordando al lettore che per evitare le distorsioni del leaderismo, basterebbe un buon capo. Meglio se donna.

È morto Gino Pastore

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 12 Dicembre 2021
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