Alla scoperta di Buenos Aires con Jorge Luis Borges

Ultima puntata del viaggio-reportage di Dino Azzalin sulle tracce dei miti letterari

Viaggio in Argentina

Questo è un diario di viaggio dal Cile e dall’Argentina scritto da Dino Azzalin che per la “maggiore età” ha voluto farsi un regalo ripercorrendo le tracce e la storia dei miti giovanili, a partire dal poeta Pablo Neruda per arrivare a Salvador Allende. In questa ultima puntata l’autore va alla scoperta di Buenos Aires, capitale dell’Argentina, dove vivono quasi 15 milioni di persone. Una grande storia da raccontare.

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“A quel tempo, cercavo i tramonti, i sobborghi e l’infelicità; ora i mattini, il centro e la serenità” – J. L. Borges Fervor de Buenos Aires

A Buenos Aires non si devono fare grandi cose. Esci dall’hotel e ti lasci trasportare dalle strade, e dopo qualche migliaio di passi inizi a vedere le sorprese della città. Certo un minimo di idee bisogna averle in testa, ma essendo una capitale con quasi 15 milioni di abitanti è indispensabile fare delle scelte precise su cosa concentrare i propri interessi soprattutto quando il tempo è risicato. Ovviamente anche qui utilizzerò le mie speciali guide preferite: i libri.
Anche se mi rendo conto quanto sia difficile superare la notorietà e la fama di Maradona e di Messi, o di Papa Bergoglio, soprattutto quest’anno che la Coppa del Mondo di calcio ha il colore bianco celeste dell’Argentina, vi assicuro che non c’è tassista (giovane o vecchio) che non conosca Jorge Luis Borges o Bioy Casares, Leopoldo Lugones, o Victoria e Silvina Ocampo. Nè tanto meno la storia commovente di Evita Peron della quale di monumenti è piena la cittá. E con i due grandi scrittori e amici argentini potete bere un caffè con loro, (due sculture perfette) a La Biela, nel locale storico davanti alla Recoleta, uno dei quartieri più eleganti (insieme al quartiere Palermo) della città, dove si incontravano, di fronte “Cementerio“(oggi frequentatissimo monumento nazionale) dove, escluso Borges, sono sepolti.

IL MITO DI EVITA RESISTE AL TEMPO

E vale la pena pagare il biglietto per una visita, perché davvero le spoglie dei più importanti personaggi della storia dell’Argentina, sono raccolte dentro vere e proprie urne funerarie, mausolei e sculture, simboli dell’arte dell’epoca tra cui anche cinque presidenti della Repubblica Argentina. E la terza la moglie di Peron, naturalmente, Evita Duarte morta giovane, la cui tomba è ancora coperta di fiori. E a piedi a poche “quadras”come non commuoversi entrando a El Ateneo una enorme libreria unica al mondo che ha preso posto nel vecchio teatro Gran Splendid costruito negli anni Venti dall’architetto austriaco i Max Glücksmann, pioniere dell’industria fotografica e cinematoigrafica argentina. Una sterminata raccolta di libri, giornali, cd, dischi in vinile, manifesti, è uno spettacolo maestoso da gustarsi bevendo un caffè allestito sul proscenio, che si apre alla ribalta a contemplare tanta bellezza e i libri e la musica così che diventano attori (e comparse) di un’opera immensa, unica. E ammaliati dagli affreschi sotto cui centinaia di migliaia di autori argentini e stranieri, stanno in silenzio tra le parole dei loro testi in attesa di essere sfogliati o letti. Perché chi sa leggere e non legge, non è migliore di chi non sa leggere. Così diceva mia madre.

LIBRI E MUSICA

Così alla fine nella mia borsa sono finiti in lingua originale “Finzioni” di Borges , “Memories” di Casares, e le poesie d’amore di Alfonsina Storni, che ho acquistato per Mariella moglie del mio più caro amico che a Buenos Aires è nata. Ho letto solo l’ultima “voy a dormir” scritta prima del suicidio al mar del Plata, nuotando fino farsi sommergere dalle onde dell’Oceano Atlantico. Messa in musica dal Mercedes Sosa , cantante di musica popolare detta “la negra”. Questo già mi basta.
Ma la visita a El Ateneo val la pena non farla in tour collettivo (ci sono finito due volte in 4 giorni) perché l’unica vera ricchezza è disporre del proprio tempo. E rapito, perduto in una dimensione sospesa tra realtà e finzione, ne ho fatto il centro del mio vagabondare per la capitale. E per un amante di libri è come perdersi in un giardino incantato. Si dimentica il resto, il mondo che sta fuori, e il tempo passa in rassegna gli infiniti scrittori della storia Argentina, e i molti della antologia di Letteratura fantastica come il misconosciuto Leopoldo Lugones insieme ai cari amici della mia gioventù.

LA BOMBONERA 

Buenos Aires è così, e fuori i legatori della felicità si divertono giocando a football con “la mano de Dios” sugli spalti e dai balconi, dalle finestre, coi murales dipinti di bianco e celeste sotto i ponti delle strade, con le volte della povertà e degli homeless, che sono davvero tanti (anche molto giovani) come ormai in tutte le capitali del mondo. Anche loro incantati da un gioco quello del pallone che ha ridato (un piccolo) slancio e fiducia all’ economia e alla identità nazionale argentina.
E nutriti dalle grida del Boca Jiunior stadium, “La Bombonera” uno degli impianti sportivi più importanti del Mondo (voluto e costruito da figli di immigranti genovesi), e degli affabulatori delle piazze di San Martin mi lascio trasportare dal caso.
La città fuori alla luce del giorno ti viene incontro senza pudore e si offre con taxi economici, la sua storia, i suoi incontri “casuali” le battaglie, i generali, le invasioni, gli eroi, i torturati e i torturatori i desaparecidos della dittatura Videla, i mastini e i santi, e alcuni dei suoi punti chiave, come la cultura, i luoghi più frequentati, i più belli.
A questo punto val la pena di unirsi a un tour collettivo, Buenos Aires, anche così a piccoli gruppi non perde il suo fascino delle vecchie capitali del Sudamerica, e come non ammirare l’imponenza del palazzo del Congresso visto in fondo alla av. 9 de Julio, o del teatro Colon, o alla Iglesias del Pilar, passando davanti all’Obelisco.

LA PATRIA DELL’IMMIGRANTE, IL TANGO E I GAUCHOS

Tutti ti chiedono di dove sei per cercare le origini di cui tutti vanno fieri soprattutto se sono italiani, qui definiti con il nomignolo “tano”. E infatti i cognomi più usati sono quelli del nostro bel paese. E l’Argentina è la patria di chi, immigrante, ha cercato qui il proprio destino. Non ci vuole molto a immaginare la loro fatica a trovare un posto nel Sudamerica dopo viaggi terribili di mesi di mare, tra miseria, pulci e pidocchi, che da Genova si imbarcava verso il “Nuovo Mondo” in cerca di fortuna. Qui la prima comunità a San Telmo, il porto Madero oggi quartiere esclusivo, di cui ancora le vestigia al mercato, e delle milongas al caffè Tortoni, fino al Caminito, sulla darsena del quartiere Boca un tempo fatto di baracche dove venivano stipati come bestiame gli schiavi d’Africa, e dove successivamente giungevano le navi degli immigrati che provenivano da ogni parte d’Europa. E moltissimi anche dalla nostra provincia, dell’alto luinese fino alla Veddasca qui impiegati soprattutto a costruire case, dove mantennero le loro tradizioni. E camminare tra Piazza Italia e il quartiere Palermo (dove visse Boges) respirare un po’ di quella aria che porta alla Casa Rosada ufficio del Presidente, davanti alla Plaza di Mayo, nella quale quale non solo i fiocchi bianchi disegnati dei pannolini dei bambini che durante la dittatura (1976-1983) sono stati strappati alle madri non sono più tornati ma anche un inedito sacrario di tanti sassi con scritto il nome e una data, sono solo una parte dei 150 mila morti di Covid durante la Pandemia.
E la sera il “Senor Tango” il santuario del ballo più famoso del mondo, dopo una buona cena, preceduta da “empanadas” (speciali snach con jamon e queso), con occasionali compagni di tavolo a me sono capitati tre simpaticissimi e azzimati boliviani amanti del ballo. Anche qui all’entrata accolti da una statua in legno di Borges dove lui si metteva ad ascoltare “ le crudeli note della passione e del sentimento amoroso” e le milonghe e ne scriveva. E dopo una trepidante attesa irrompono i Gauchos della Pampa Argentina con cavalli veri, in una scenografia sorprendente e spettacolare davvero da Broadway. I bravissimi ballerini fanno il resto sotto la magia di una splendida, orchestra e del “bandonenon” una speciale fisarmonica suonata a due mani, che rese eterna la musica di Astor Piazzolla.

LA VIA DI CASA

Ecco il viaggio sta finendo così come la fatica della prima giovinezza e come viatico per entrare nella seconda, un sogno: quello di un nuovo desiderio, di un’altra meta. Il tassista che mi porta all’aeroporto Benitez a cui racconto il perché del mio lungo viaggio dice che ho fatto bene, perché lui ha un cancro e deve curarsi, dice che io ho visto la Patagonia, e lui che è nel suo paese invece no, che lo avrebbe fatto alla pensione…e chissà mai se la vedrà. È così non gli permetto di scaricare le mie valigie, ma, prima di lasciarci con un abbraccio fraterno dice che ogni serratura è stata costruita per una chiave, e quella sua esperienza lo ha cambiato, soprattutto nei confronti della famiglia che sente più vicina. Ecco cosa insegna il viaggio, che la. Sono contento di riabbracciare mia distanza dalle persone più care davvero è una misura fatta per il cuore che nessun esotismo può cancellare.
Sono contento di riabbracciare mia moglie, mio figlio e gli amici. E ha ragione Nicoletta amica di mia moglie, che mi ha tenuto compagnia con i suoi whatsapp con degli aforismi sul viaggio, uno su tutti quello di Calvino: “Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più di avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più ti aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti”.
Così dopo un mese di “ viandanza”pian piano riprendo la via di casa. E non pensavo sarebbe volato così in fretta.

RINGRAZIAMENTI

Grazie a Varesenews che ha così felicemente sposato l’idea del diario, che pur coi limiti spazio- temporali di tale narrazione, ha seguito una breve ma ben individuata direzione di viaggio, le immagini in movimento hanno fatto il resto. E a chi mi ha aiutato a costruirlo va il mio personale ringraziamento (Sara la mia assistente e Vivianne di Evaneos) e tutti voi per avermi tenuto compagnia in queste settimane, perché in fondo con la vostra lettura mi sono sentito meno solo e anche questo è stato un modo per camminare a fianco insieme.

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Pubblicato il 01 Febbraio 2023
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