Come fare soldi online: il caso New York Times

I consumatori sono disponibili a pagare per la qualità dei contenuti digitali

Vent'anni fa accadde che...

Non è facile traghettare un business dal modello tradizionale ad uno basato sul digitale, ma è possibile e profittevole. Il caso del New York Times dimostra questa tesi in modo evidente nel settore dell’editoria. Si può evitare la cannibalizzazione del business tradizionale e persino aumentare il fatturato globale, con una strategia di altissima qualità editoriale e una visione a lungo termine.

Prima del lancio del suo modello di abbonamento online, il quotidiano di New York guadagnava metà delle sue entrate dalla pubblicità su carta stampata e online. Il resto delle entrate proveniva dalle vendite e abbonamenti alle copie cartacee e da altre fonti, tra cui licenze, stampa commerciale, eventi e così via. Il fatturato, che aveva raggiunto i 2 miliardi di dollari nel 2006, ha iniziato a calare vistosamente a causa della perdita di entrate pubblicitarie. In soli 4 anni sono stati bruciati 500 milioni di introiti, fino a quando è stato introdotto un nuovo sistema di pagamento online. Nel 2011, il Times ha lanciato il nuovo modello di abbonamento digitale, rendendo alcuni dei suoi articoli online accessibili solo a fronte di un pagamento, il cosiddetto sistema “paywall”.

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Inizialmente i lettori erano molto frustrati da questo cambiamento e poco inclini ad adottarlo. Nel primo anno le entrate dal paywall sono state solo 47 milioni di dollari. Però questo era solo il primo importante passo. Da allora i guadagni attraverso gli abbonamenti digitali hanno continuato a salire fino ad arrivare a 979 milioni di dollari nel 2022, rappresentando la prima fonte di introiti del giornale, pari al 42% delle entrate totali. Gli abbonamenti e le copie stampate hanno continuato a declinare lentamente ma rappresentano ancora il 25% del fatturato. La pubblicità è invece scesa drasticamente e oggi rappresenta solo il 23% delle entrate. In totale il fatturato è salito al livello record, mai raggiunto prima, di 2,3 miliardi di dollari, con 350 milioni di profitti.

Il mercato statunitense è favorevole a questo modello. Infatti, ad oggi oltre la metà della popolazione adulta è abbonata a qualche forma di sottoscrizione digitale. È interessante notare che anche tra i giovani sotto i 35 anni il 40% paga per leggere le notizie online. Il fattore critico di successo del New York Times è la sua capacità di coprire una grande varietà di argomenti di attualità con contenuti originali.

Italia. La situazione nel nostro Paese è molto diversa da quella statunitense ed è ben documentata anche in termini di evoluzione storica nell’articolo di Enzo Boldi su Giornalettismo. A fronte degli 8 milioni 600 mila abbonati del New York Times, il Corriere della Sera è primo in Italia con 457 mila sottoscrizioni; in percentuale rispetto alla popolazione nazionale si tratta del 2,7% e dello 0,8% rispettivamente. Nel nostro Paese la cultura giornalistica è diversa e, ad esempio, compete con la preferenza per l’intrattenimento. Basti pensare che le sole Sky, Netflix e Dazn hanno 12 milioni di abbonati. Servono quindi modelli innovativi e adatti alle preferenze locali. Sembra interessante l’approccio diverso seguito, ad esempio, da Il Post e dal verticale Giallo Zafferano. La sottoscrizione di un abbonamento non è per accedere ai contenuti (che restano fruibili gratuitamente), ma per limitare le pubblicità e avere opportunità esclusive, dal poter commentare gli articoli a partecipare ad eventi con gli chef.

È importante conoscere e sviluppare la cultura della sostenibilità del giornalismo e dell’eco- sistema mediatico, perché sono fondamentali per il funzionamento delle democrazie.

“Il giornalismo è essenziale per contrastare notizie false e di parte condotte all’interno di narrazioni prive di fondamento fattuale. Il giornalismo è essenziale per trovare un terreno comune su cui poi le persone e le organizzazioni possono discutere quali decisioni prendere”. Luca De Biase.

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Pubblicato il 26 Marzo 2023
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