Tanti grandi supermercati, pochi negozi di vicinato: le analisi di Ascom su Varese e le proposte per il PGT
E' partendo da una analisi dei dati regionali che Confcommercio Ascom Varese ha presentato le sue osservazioni e proposte per il PGT di Varese, la cui discussione è stata recentemente avviata dall'amministrazione della città

Molti grandi supermercati ma troppo pochi negozi di vicinato rispetto a come si comportano le altre città della provincia e il capoluogo più vicino a noi per geografia, dimensioni e obiettivi per la città, Como. E’ partendo da una analisi dei dati regionali che Confcommercio Ascom Varese ha presentato le sue osservazioni e proposte per il PGT di Varese, la cui discussione è stata recentemente avviata dall’amministrazione della città.
«Questo documento va all’amministrazione comunale come indirizzo del nostro pensiero – spiega il neo presidente di Ascom Confcommercio Varese Antonio Besacchi – Pensiero che nasce dalla consultazione dei nostri soci e da una commissione la quale vede uno sviluppo della città per i prossimi anni: non vede un immediatezza che magari è cieca, bisogna guardare oltre, bisogna vedere lontano. Credo che con questa amministrazione questo passo si possa fare, perché è un’amministrazione che guarda lontano. Per questo Ascom si impegna in questa occasione proprio a essere un interlocutore privilegiato con l’amministrazione, per vedere di trovare tante piccole soluzioni che assieme possano portare questa città bellissima con questo potenziale turistico enorme a ritornare quello che è sempre stata, al centro della provincia di Varese»
«Confcommercio Ascom Varese ha depositato, entro il limite fissato dal comune del 30 aprile, le sue proposte per il futuro pgt di Varese. Si tratta di un documento articolato, 13 pagine con 8 punti di proposta – ha aggiunto Antonio Chierichetti avvocato consulente legale del team di Confcommmercio Varese – Sembrerebbe una questione estranea al commerciale, ma non è cosi: dal 2005 in Regione a livello urbanistico e dal 2010 per il commercio è stata ampliata notevolmente la facoltà d’iniziativa delle associazioni di categoria sulla pianificazione soprattutto urbanistica. Tutte le scelte che hanno un impatto sulla rete distributiva e il commercio hanno impatto su pgt: e questo è il momento buono per intervenire con le proposte».
I DATI DI VARESE COMPARATI CON LE ALTRE CITTÀ: MOLTO COMMERCIO MA MOLTE GRANDI SUPERFICI, A SCAPITO DEI PUNTI VENDITA PIÙ PICCOLI
In Varese città a giugno 2022 c’erano 8 punti di vendita di grande superficie, di cui 3 centri commerciali, per 52.300 metri quadri, di cui 14mila alimentari e 38mila non alimentari corrispondenti al 25,03% dell’intero sistema commerciale del comune; 77 medie strutture di vendita pari a 52.500 metri quadri, un terzo delle quali alimentari e due terzi non alimentari, corrispondente al 25,16% dell’intero sistema commerciale del comune; e 2000 punti vendita di vicinato di cui 375 alimentari, oltre 1500 non alimentari e 98 misti, corrispondenti al 49,81% del sistema commerciale del comune.
Un numero di realtà commerciali che porta Varese ad avere 2,65 metri quadri commerciali per abitante: molto più della media regionale (1,65) e provinciale (1,62 mq/ab) ma anche molto superiore a Busto Arsizio (1,65) e Saronno (1,87) e più di Como (2,13). Solo gallarate ha una densità commerciale superiore a Varese, con 3,20 metri quadri commerciali per abitante.
Entrando nello specifico dei dati però Varese ha, in percentuale alle altre principali città della provincia e alla vicina Como, una percentuale di grandi strutture di vendita (sopra cioè i 2500 mq.) molto superiore alle sue “colleghe” più vicine: paragonato al 25% di grandi superfici commerciali del capoluogo, Busto Arsizio non ne ha più del 10%, Como ne ha poco più del 13%, Saronno addirittura solo il 5% mentre solo Gallarate si avvicina a Varese, con poco più del 23%.
Molto più equilibrato è il rapporto tra le città per quanto riguarda la media struttura di vendita, quasi tutte intorno al 25%: varese al 25,16%, Busto Arsizio al 25,72%, Gallarate al 27,40, Como al 24,51%. Solo Saronno si stacca da queste percentuali, con un impatto della media struttura di vendita del 38,19%.
Queste percentuali fanno già intuire quale sarà nelle varie città il peso degli esercizi di vicinato: che per Como, Saronno e BustoArsizio supera o sfiora il 60% (A Como il 62,23 per cento, a Saronno il 56,4o per cento, a Busto il 63,63%) mentre solo per Varese e Gallarate la quota si attesta poco sotto il 50% (Varese 49,81 e Gallarate 49,34 %).
«E’ troppo, è poco? E’ comunque un dato che portiamo all’attenzione dell’Amministrazione e spetta a lui trarne le conseguenze – ha spiegato Giorgio De Wolf, componente esperto della commissione Ascom per il PGT di Varese, che ha realizzato l’analisi – Abbiamo cercato di dare una serie di dati sulla consistenza rispetto agli altri. Senza dati si rischia di essere interpretati come quelli che hanno antipatia per questa o quell’altra tipologia di commercio. Da questi dati invece emerge oggettivamente come la presenza di grandi stutture commerciali sia molto più alta dei nostri vicini: ha per esempio il doppio dei negozi di grande distribuzione rispetto a come e invece il 20-25% in meno di negozi di vicinato».
«Il commercio non è solo determinato dai commercianti che si affacciano sul sui vari negozi, è determinato dalle condizioni che ci sono su una città, legate all’attrazione o meno di certe realtà commerciali – sottolinea Marco Parravicini, fiduciario Ascom Varese – se vogliamo puntare a un livello qualitativo alto e con dei negozi di vicinato in un centro che possa attrarre persone a Varese, dobbiamo porre in essere le condizioni per farlo. Questo non vuol dire andare contro Internet, l’e-commerce, i centri commerciali: c’è spazio per tutti. Ma nel centro della città, per qualificarla, è determinante il commercio di vicinato, che ha bisogno di determinate caratteristiche e strutture. Come una possibilità facile di parcheggiare, per esempio: in caso contrario non facciamo che subire la concorrenza dei grandi centri commerciali che non a caso possono permettersi sempre più soldi in parcheggi per i loro clienti.

LE OTTO PROPOSTE DEI COMMERCIANTI
In base all’analisi fatta dagli esperti della commissione, Confcommercio Ascom Varese ha elaborato otto proposte da sottoporre al comune
- Fondare su precise analisi e congrue motivazioni l’esclusione della possibilità, allo stato attuale, di procedere alla localizzazione di grandi strutture di vendita nel territorio comunale evitando, anche nel recupero e rigenerazione delle aree dismesse, di soggiacere a quello che sembra orami essere diventato il paradigma imperante di questi interventi: recupero = grande distribuzione privilegiando, con un percorso più difficoltoso ma sicuramente più proficuo nel medio-lungo termine per l’intero sistema socioeconomico di Varese altre funzioni quali quella direzionale, culturale, sanitaria, universitaria, di ricerca e innovazione, perchè è un dato ormai consolidato che il proliferare della grande distribuzione non risponde più a esigenze del territorio ma a logiche concorrenziali.
- Consentire, se proprio necessario e solo in funzione di reali necessità di particolari quadranti urbani specificatamente individuati con il PGT, la localizzazione e la dimensione di nuove medie strutture di vendita anche introducendo nel nuovo strumento urbanistico, limitazioni dimensionali delle stesse in funzione dei contesti in cui si potrebbero realizzare, visto che una struttura media comprende tipologie di negozi molto diversi, da una dimensione di 25o a una di 2500 metri quadri.
- Prevedere una normativa volta a disciplinare il fenomeno, già verificatosi in alcuni Comuni, delle aggregazioni di medie strutture di vendita che, messe insieme finiscono per creare delle condizioni oggettive per classificare questi interventi aggregativi come un nuovo centro commerciale qualificabile come grande struttura di vendita.
- Inserire nella normativa regolamentare di P.G.T. una precisa disposizione riguardante i casi di chiusura e cessazione di attività commerciali a seguito del trasferimento o accorpamento di tali superfici di vendita in ampliamento. A questo proposito i commercianti citano il caso di Esselunga che ha aperto in via Gasparotto e, poche settimane dopo, ha riaperto in viale Borri. La norma richiesta dai commercianti è che: “sia volta a vietare negli immobili che sono stati interessati da tali cessazioni/trasferimenti di superfici di vendita la destinazione d’uso commerciale per un congruo periodo temporale, non inferiore almeno ad un quinquennio”.
- Sostenere e favorire la permanenza della tipologia degli esercizi di vicinato, con concrete premialità finalizzate al mantenimento ed all’insediamento di attività commerciali di vicinato e artigianali di servizio, anche per promuovere progetti di rigenerazione del tessuto urbano e commerciale con il riuso di aree o edifici dismessi o anche degradati.
- Individuare criteri qualitativi per l’insediamento delle nuove attività commerciali, comprese quelle che somministrano alimenti e bevande. In particolare prevedere, a tutela del turismo locale, una normativa regolamentare comunale volta a escludere nelle aree di centro storico l’insediamento di attività commerciali e di pubblici esercizi non coerenti o estranee con la qualità storica e artistica del centro storico. Per il turismo ed il commercio locali è ormai improcrastinabile infatti l’introduzione nel P.G.T. di misure di regolamentazione dell’esercizio delle attività ai fini della loro compatibilità con le esigenze di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale almeno di alcune strade e piazze del centro storico di Varese. Inoltre il Comune può altresì individuare i locali, a chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attività di artigianato tradizionale e altre attività commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione dell’identità culturale collettiva al fine di assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia;
- Intervenire sull’assetto viabilistico esistente e della mobilità per favorire e facilitare il rapporto tra la rete commerciale esistente e gli insediamenti presenti.
- Intervenire sulla quantificazione degli oneri per cambio di destinazione d’uso dei locali. Il mercato immobiliare della città di Varese è fortemente condizionato da una carenza di immobili in buone condizioni, vale a dire già abitabili, e la mancanza di immobili nuovi o già ristrutturati non costituisce un traino per il mercato cittadino dell’usato, costituito da immobili degli anni ‘60/’70. Per evitare la desertificazione commerciale dei centro storici e delle castellanze, sarebbe opportuno ripensare il meccanismo degli oneri per cambio di destinazione d’uso che oggi penalizza pesantemente le scelte dei proprietari immobiliari, introducendo delle significative agevolazioni.
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