La scena di Canterbury continua a produrre grande musica: ecco gli Hatfield And The North
Continuare a mischiarsi e creare nuovi gruppi era un sistema molto fertile per evitare le ripetizioni
E’ da un po’ che non torniamo su quell’interessantissima branca del prog che porta il nome di scena di Canterbury: ricorderete forse i dischi dei Caravan e dei Soft Machine. Come dissi allora, erano dei musicisti che collaboravano molto tra di loro, creando gruppi e spostandosi dall’uno all’altro. Gli Hatfield erano fra questi: si erano formati nel 1972, e dopo qualche cambio avevano pubblicato questo album di debutto nel 1974. Non dureranno molto, visto che dopo il secondo album, altrettanto bello, finirono col confluire in altri gruppi; ma lasciarono il segno, anche perché venivano battezzati dal “santone” della scena: quel Robert Wyatt, di cui sentiamo i vocalizzi nella bella Calyx, che di lì a poco avrebbe realizzato il suo capolavoro Rock Bottom. La musica degli Hatfield è molto particolare, ed anche se vedete che il disco contiene un numero esagerato di pezzi, sono molto lontani dalla forma canzone, ed in realtà i titoli si riferiscono a parti di un continuum più strumentale che cantato, ma molto di atmosfera e decisamente lontano dalle asprezze del free jazz. Da ascoltare con calma ed attenzione.
Curiosità: i colti musicisti del prog venivano spesso dalle scuole d’arte e si portavano dietro un certo gusto non solo musicale. Sulla copertina di questo disco, in trasparenza su un incredibile cielo di Reykjavik, si vede parte dell’affresco di Luca Signorelli “I dannati” che si trova nel Duomo di Orvieto.
La rubrica 50 anni fa la musica
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