Verso una formazione ad assetto variabile: ecco Pretzel Logic degli Steely Dan

Avevamo visto che Countdown to ecstasy, il secondo album dei Dan, pur essendo molto buono aveva venduto assai meno del primo ed occorreva correre ai ripari. Innanzitutto una hit che lì mancava e che qui fu “Rikki don’t lose that number”, e più in generale un tentativo di restare più sulla forma della canzone breve anziché allungare troppo con jam e assoli. Non vuol dire però rinunciare a inserire il jazz nel loro pop rock così sofisticato, tanto che nel disco sono riconoscibili ispirazioni da Horace Silver e Charlie Parker, a cui è dedicata anche una canzone.

Ed è anche per questo che anche se Pretzel è l’ultimo disco con la formazione originaria, in verità già qui vi è un grande uso di sessionmen, che prelude al modello successivo con il duo Donald Fagen / Walter Becker che si circonda volta per volta di musicisti diversi, restando come nucleo che porta il nome di Steely Dan. Splendido disco ma anche missione vendite più che compiuta dato che entra nella Top Ten, ed è subito d’oro per diventare poi di platino nel corso degli anni.

Curiosità: cosa c’entrano i pretzel (o bretzel nell’originale tedesco)? Negli USA l’espressione “logica pretzel” indica una logica d’accatto, facile da smontare: pare che l’aggancio con lo squisito panino salato dipenda dal fatto che quest’ultimo sia circolare, arrotolato su sé stesso e pieno di buchi.

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