Robert Wyatt cambia strumento e ci regala uno dei capolavori della scena di Canterbury
L’ex batterista dei Soft Machine era rimasto paralizzato alle gambe cadendo da una finestra
Personaggio interessantissimo Robert Wyatt, batterista dei primi tre dischi dei Soft Machine e poi dei Matching Mole. Quando i Soft nel terzo disco passarono più al jazz rock, lui contribuì con la splendida Moon in June ma poi se ne andò perché voleva percorrere altre strade. Aveva già inciso un primo disco solista – quel End of an ear, specie di Sacro Graal per i collezionisti dell’epoca – e formò i Matching Mole, coi quali aveva fatto due dischi, ma a giugno del ’73 era caduto ubriaco da una finestra del terzo piano, rimanendo paralizzato dalla vita in giù. Doveva proprio sentirsi rock bottom, che sta per aver toccato il fondo. Sciolse il gruppo, col quale ovviamente non poteva più collaborare, e incise con alcuni amici tra i quali Mike Oldfield questo splendido disco prodotto da Nick Mason dei Pink Floyd. Inutile dire che si tratta di musica molto particolare, da sentire con attenzione: per fortuna Robert ebbe l’accortezza di mettere come primo pezzo la meravigliosa e accessibile Sea song, che serve da viatico per il resto. Negli anni, grazie anche all’impegno politico, Wyatt diventerà una sorta di santone della controcultura UK e inciderà altri dischi interessanti, ma questo rimane probabilmente il suo migliore.
Curiosità: la composizione di Rock Bottom era iniziata addirittura nell’autunno del 1972, quando Robert aveva seguito a Venezia la moglie Alfreda, la Alifie del disco, che voleva girare un film. Dichiarò poi che l’atmosfera della Giudecca lo aveva molto ispirato.
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