Nel 1974 debutta Phoebe Snow, una bravissima cantautrice che era difficile etichettare
Si muoveva tra blues, jazz, gospel e musica raffinata

Scrivo sempre che il voler per forza etichettare un compositore in un genere è un esercizio spesso inutile e controproducente: purtroppo però il caso di Phoebe Snow è uno di quelli in cui il non riuscire a farlo finì con l’essere penalizzante per la sua carriera. A ben ascoltare in verità non era poi così distante da una Carole King, tanto per fare un nome, oppure da una Laura Nyro. Rispetto a queste era più orientata verso il jazz, il blues e il gospel e meno verso il folk, tanto che il suo aspetto con i capelli ricci portò molti a ritenerla una cantante di origine afroamericana, che invece non era. Fu scoperta a New York dalla Shelter Records, la casa discografica di Leon Russell, che pubblicò questo suo album di debutto che ebbe anche un buon successo, trainato da quella Poetry Man che entrò nella Top 5 di Billboard e fu nominata per i Grammy Award. Passò poi alla Columbia ed andò in tour con Jackson Browne e con Paul Simon, con il quale compose e cantò la splendida Gone At Last. Ma come dicevo all’inizio, sebbene riverita dai colleghi per la sua bravura, non riuscì mai a diventare una superstar: almeno questo primo album però va sentito.
Curiosità: un altro grosso ostacolo alla sua carriera fu la decisione di non ricoverare la figlia ma di occuparsene personalmente. La piccola Valerie Rose era nata con gravi danni cerebrali e per 31 anni, fino alla sua morte, fu accudita a casa dalla madre.
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