“In futuro potrebbero alimentare case e città”. La Svizzera incentiva la ricerca sulle batterie al sale
Il laboratorio federale Empa sta collaborando dal 2016 con il produttore del Canton Ticino HORIEN Salt Battery Solutions per migliorare questa tecnologia e studiarne nuovi e interessanti utilizzi
In Svizzera i ricercatori dell’Empa (il Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca) stanno collaborando con un partner industriale – l’azienda ticinese HORIEN Salt Battery Solutions -per sviluppare ulteriormente le batterie al sale. Si tratta di una tecnologia originariamente sviluppata per le auto elettriche e che oggi fornisce elettricità alle antenne dei telefoni cellulari e domani, secondo gli studiosi elvetici, «potrebbe supportare intere aree residenziali». Oggetto di numerosi studi la batteria al sale, conosciuta anche come “batteria ai sali fusi”, presenta alcuni vantaggi interessanti, tra cui la riciclabilità e la lunga durata ma anche alcuni limiti. «Questa tipologia di batteria – spiegano gli scienziati svizzeri – non si è dimostrata valida per la mobilità elettrica: le auto elettriche di oggi funzionano con batterie agli ioni di litio, che sono più leggere e possono essere ricaricate più rapidamente. Tuttavia, le batterie al sale sono superiori ai loro concorrenti agli ioni di litio in altri campi di applicazione».
Per questo motivo le batterie al sale sono oggi oggetto di ricerca attiva, anche presso l’Empa. “La collaborazione di ricerca – spiega la nota del Laboratorio – è iniziata nel 2016 quando il produttore ticinese di batterie al sale HORIEN Salt Battery Solutions, precedentemente noto come FZSoNick, si è rivolto all’Empa. L’azienda voleva migliorare l’elettrolita ceramico all’ossido di sodio e alluminio delle sue celle di batteria nell’ambito di un progetto Innosuisse (l’agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, ndr). Ciò ha portato a ulteriori progetti sulla geometria delle celle e sull’elettrochimica delle batterie al sale, che differiscono notevolmente da altri tipi di batterie”.
«L’assemblaggio di celle di batterie al sale per scopi di ricerca è molto complesso e non esistono quasi studi sul loro esatto funzionamento. È questo che rende questi progetti così interessanti per noi: possiamo imparare molto e sviluppare ulteriormente le nostre conoscenze insieme al partner industriale» sottolinea Meike Heinz, ricercatrice dell’Empa del dipartimento ‘Materiali per la conversione energetica’, diretto da Corsin Battaglia.
I pro e contro secondo i ricercatori dell’Empa
La diversa struttura delle celle conferisce alla batteria al sale alcuni vantaggi rispetto alle batterie agli ioni di litio. Ad esempio, in termini di sicurezza: sebbene le batterie al sale necessitino di una temperatura di esercizio di circa 300° Celsius, non possono né bruciare né esplodere. Per questo motivo vengono utilizzate anche in luoghi in cui le batterie agli ioni di litio non sono consentite, come ad esempio nelle miniere e nelle gallerie e sulle piattaforme offshore per la produzione di petrolio e gas. Grazie all’elevata temperatura di esercizio, le batterie al sale sono anche molto meno sensibili alla temperatura rispetto alle loro controparti agli ioni di litio. Questo le rende sistemi di accumulo di energia di emergenza ideali per le infrastrutture critiche, come le antenne di telefonia mobile. Anche in luoghi remoti ed esposti, le batterie al sale, che durano a lungo e non richiedono manutenzione, possono svolgere il loro lavoro in modo affidabile per decenni.
Tuttavia, anche la temperatura di esercizio è uno svantaggio di questa tecnologia: le batterie al sale hanno bisogno di un “riscaldamento ausiliario” per essere pronte all’uso. Ma una batteria che ha bisogno di energia elettrica è economica? «A seconda dell’applicazione, è più economico mantenere una batteria calda che raffreddarla – spiega Meike Heinz – Il calore viene generato durante la carica e la scarica a causa della naturale resistenza delle celle. In un sistema ottimale, una batteria di grandi dimensioni può riscaldarsi», aggiunge Enea Svaluto-Ferro, ricercatore dell’Empa.
La chimica delle celle per il futuro
In qualità di ricercatrice sui materiali, Meike Heinz e il suo team si concentrano sulla chimica delle celle. Le materie prime per le batterie a sali fusi sono per lo più economiche e disponibili in grandi quantità. L’architettura della cella ne facilita inoltre il riciclo. Tuttavia, poiché il nichel, materiale del catodo, viene sempre più classificato come critico, HORIEN e l’Empa hanno iniziato a ridurre il contenuto di nichel nelle celle nell’ambito del progetto “HiPerSoNick”, finanziato dall’Ufficio federale dell’energia (UFE). Non si tratta di un compito facile, poiché la composizione e la microstruttura della cella devono essere armonizzate in modo molto preciso per garantire una batteria al sale efficiente e di lunga durata. Nell’ambito del progetto UE “SOLSTICE”, che durerà fino alla metà del 2025, HORIEN ed Empa, insieme ad altri partner del progetto, stanno studiando se il nichel nelle batterie a sali fusi possa essere sostituito interamente dallo zinco. «Tuttavia, il basso punto di fusione dello zinco rappresenta una sfida alle attuali temperature di esercizio» spiega Meike Heinz. Tuttavia, i ricercatori hanno già trovato approcci promettenti per stabilizzare la microstruttura del catodo.
Sono già in fase di studio ulteriori progetti di follow-up, in cui i ricercatori dell’Empa vogliono cercare di migliorare ulteriormente – e scalare – le batterie al sale senza nichel. La sicurezza, la lunga durata e l’assenza di materie prime critiche renderebbero le batterie al sale ideali come dispositivi di accumulo stazionari. Se le batterie al sale possono essere prodotte a basso costo e in grandi quantità, un giorno potrebbero rifornire di elettricità non solo le antenne dei telefoni cellulari, ma anche intere aree residenziali.
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