Adulti presenti e spazi di aggregazione sono le prime risorse contro disagio e dipendenze
L'aumento di autolesionismo e abuso di sostanze ma anche Parole che proteggono ed esperienze virtuose nel partecipato convegno voluto dal Prefetto di Varese

Storie di singoli ragazzi e dati generali su droghe, disagio e spaccio si sono intrecciate in “Tessere la rete. Approcci preventivi e integrati contro le dipendenze giovanili”. La giornata, promossa dal prefetto di Varese Salvatore Pasquariello a Ville Ponti, ha visto la partecipazione di diversi esponenti politici regionali e locali e vertici delle Forze dell’ordine, assieme a esponenti del mondo accademico, della scuola e del terzo settore.
Una platea ampia, esempio e testimonianza della principale risorsa di contrasto al diffondersi delle dipendenze: «Gli adulti devono essere presenti», ha detto lo psicologo ed educatore Simone Feder, coordinatore della Comunità Casa del Giovane di Pavia, aprendo il primo panel della mattinata.
«In comunità arrivano ragazzi sempre più giovani, anche con meno di 14 anni, di diversa estrazione sociale e persino inseriti nel mondo dello sport e che però hanno già sviluppato una dipendenza multipla, da varie sostanze», ha detto Feder raccontando dei tandem cannabis e cocaina o cannabis e alcol e di un varesino giovanissimo che già a 12 anni aveva tentato il suicidio.
«Il lavoro in comunità si fonda sul costruire una relazione con questi ragazzi. È la relazione che cura, come a scuola o in famiglia previene. Per tessere una relazione bisogna essere presenti, anche se faticoso anche se si sbaglia, rimane l’unica strada per dare opportunità e costruire interessi che permettono ai ragazzi di emergere in una società che appare vuota, dove l’accesso alle sostanze per i ragazzi è diventato quasi un rito iniziatico”.

PAROLE CHE PROTEGGONO DALLE DIPENDENZE
Centrato sulla prevenzione l’intervento dei rappresentanti del mondo scolastico e accademico, a cominciare dall’intervento di Kiara Cattaneo, dell’Ufficio scolastico provinciale, che ha presentato lavorì e progetti volti a formare bambini e ragazzi come persone innanzitutto, e poi cittadini e studenti.
In questa prospettiva diverse sono le attività orientate al benessere dei giovanissimi, anche in campo accademico “tenendo conto che gli adolescenti sono altamente vulnerabili per natura, perché le parti del cervello legate alle emozioni si sviluppano prima di quelle deputate al controllo – ha detto la prof Camilla Callegari, dirigente della Psichiatria di Varese – Questo può portare il giovane a scelte troppo esuberanti e disturbanti oppure a chiusura, senza però intaccare le sue potenzialità evolutive. E questa consapevolezza deve essere chiara all’adulto che si relaziona con il ragazzo in difficoltà, a casa, come nei diversi contesti sociali».
Un aiuto pratico in questo senso lo hanno fornito i suggerimenti dello psicologo e psicoterapeuta dell’Università dell’Insubria, Paolo Bozzato: «Le diverse dipendenze, da gioco o sostanze, da relazioni tossiche o dall’ossessione per a performance, sono modi disfunzionali di comunicare il senso di vuoto, il bisogno di essere accettati, oppure l’incapacità di gestire ansia e frustrazione – ha detto – La migliore prevenzione è il dialogo che non giudica ma accoglie, scegliendo parole che proteggono. Queste parole non sono frasi fatte o allarmistiche che, anche se di senso, sono percepite come muri dai ragazzi che invece hanno bisogno di aprirsi. E allora una domanda ben posta, con empatia e attenzione, è meglio di dieci consigli, perché attiva il ragionamento e permette di sviluppare consapevolezza».
Tra queste domande “ben poste” per creare tra adulto e ragazzo quella relazione che cura e previene di cui parlava Fabris ci sono ad esempio: Cosa ti manca? Cosa non funziona? Perché sei insoddisfatto?
Nel dubbio, evitare generalizzazioni, accuse e recriminazioni: «Le parole che proteggono – ha spiegato Bozzato – Sono quelle che fanno vedere un futuro possibile, anche se la situazione appare difficile».

IL POSTO DEI RAGAZZI IN CITTÀ
Allargando lo sguardo dalla relazione adulto – ragazzo alla “dimensione collettiva organizzata”, è stato l’educatore Filippo Maroni di Happiness (il progetto avviato dai ragazzi dell’Oratorio di San Vittore) a lanciare una provocazione alle autorità: “Qual è lo spazio della città dedicato ai ragazzi? Va bene se i ragazzi bevono qualcosa chiacchierando al tavolino di un bar, ma se non hanno 15 euro in tasca dove vanno? I ragazzi devono avere uno spazio dove semplicemente stare insieme, senza che questo sia un problema – ha detto – Se questo spazio non c’è, allora bisogna crearlo».
Il suo intervento ha fatto eco alla provocazione di don Franco Gallivanone, vicario dell’Arcivescovo di Milano per la Zona di Varese: “Citando un detto africano Papa Francesco ha ricordato che per educare un bambino serve un intero villaggio. Mi chiedo se c’è ancora questo Villaggio“. Nel suo racconto una risposta, anche se parziale, è quella degli oratori estivi che quest’anno a Varese città coinvolgono duemila minori tra i 6 e i 13 anni e oltre 400 animatori, cioè ragazzi dai 14 ai 18 anni che vengono responsabilizzati nel prendersi cura dei più piccoli, in un circuito virtuoso basato sull’esempio.
A voler astrarre il concetto bisogna parlare di “Dimensione collettiva organizzata, importante la costruzione di relazioni e per la ricerca di senso”, descritta dalla docente della Liuc di Castellanza Eliana Minelli: “L’attuale riduzione dell’orizzonte temporale nella dimensione collettiva ha effetti pesanti – ha detto – i singoli non sanno più aspettare né costruite, mentre la dimensione organizzativa si concentra sul risultato immediato e non investe più sulle persone».
AUTOLESIONISMO, EMERGENZE E QUESTIONE DI GENERE
«L’abuso di sostanze sembra un problema soprattutto maschile, in rapporto di 1 a 5, ma le donne che sviluppano dipendenza lo fanno più velocemente – ha detto Paola Biavaschi, delegata alle pari opportunità dell’Università dell’Insubria – Ma per le donne c’è anche un maggiore stigma e quindi il fenomeno è più sommerso. Per contro le ragazze sembrano più esposte alla dipendenza dai social, che propongono modelli negativi o irraggiungibili che le portano a sentirsi inadeguate e quindi a voler essere altro». Da qui disturbi dell’alimentazione e fenomeni di autolesionismo.

Proprio sull’autolesionismo in forte aumento, soprattutto tra le ragazze, si sono concentrati molti interventi in apertura. Alle parole del governatore Attilio Fontana sulla necessità di “un approccio integrato tra repressione, recupero del territorio con presidi sociali e sanitari”, hanno fatto seguito le parole dell’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso: «Stiamo lavorando sulle competenze del personale di Pronto soccorso perché siano preparati ad intervenire in maniera puntuale anche su dipendenze e disagio giovanile, ma è fondamentale che questo passo sia inserito in una rete più efficace di prevenzione da un lato e di gestione del recupero sall’altro».
Il livello preoccupante dell’abuso di sostanze, per diffusione e varietà, è stato descritto dagli interventi dei vertici delle Forze dell’ordine, spaziando tra interventi repressivi, di recupero e di indagine, inclusi quelli relativi alle tracce di cocaina nell’analisi delle acque dei depuratori di Gavirate e Somma Lombardo, con una concentrazione superiore di una volta e mezza sulla media nazionale.
“La verità viene a galla”, nelle acque del Varesotto cocaina e antibiotici
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