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Il biopic o si ama o si odia: il caso di “Io sono Mia”

Venerdì 25 luglio a Materia la proiezione del film su Mia Martini. Un’occasione per scoprire un genere che divide tra emozione, memoria e critica

Materia Varesenews

È facile realizzare un biopic sulla vita di un grande cantante o attore? No. È facile criticare un film? Sì criticare è immediato, realizzarlo no.

Produrre un biopic — ovvero un film biografico sulla vita di una celebrità, specialmente un cantante o un attore, è un progetto affascinante, ma tutt’altro che semplice. Questo genere cinematografico, pur molto amato dal pubblico, comporta una serie di sfide artistiche, tecniche ed etiche. A partire dalla scelta dell’interprete principale fino alla ricostruzione fedele (o romanzata) degli eventi. Ogni dettaglio può essere causa di discordia.

QUANDO È NATO IL BIOPIC E COS’È

Il biopic non è un’invenzione recente: fin dai primi anni del cinema, registi e produttori hanno cercato di raccontare le vite di personaggi celebri, storici o contemporanei. Tuttavia, è a partire dagli anni 2000 che questo genere ha acquisito nuova forza e apprezzamento.

Recentemente, hanno avuto grande successo Bohemian Rhapsody (2018), sulla vita di Freddie Mercury, e Elvis (2022), diretto da Baz Luhrmann, che hanno riportato sotto i riflettori due figure leggendarie della musica anglofona. Entrambi i film hanno riscosso ampio consenso, sia da parte del pubblico che della critica, anche grazie alle straordinarie interpretazioni dei protagonisti Rami Malek e Austin Butler.

IL CASO ITALIANO: IO SONO MIA

In Italia, a far discutere è stato Io sono Mia (2019), il film biografico sulla cantante Mia Martini, interpretata da Serena Rossi. La pellicola ha ripercorso i momenti salienti della carriera e della vita privata dell’artista, nota per la sua voce intensa e per una vita lavorativa segnata da profonde ingiustizie, come le dicerie infondate che la volevano «portatrice di sfortuna».

Il film ha ottenuto un ottimo riscontro in termini di ascolti televisivi, anche se non ha messo tutti d’accordo. Alcuni hanno elogiato l’interpretazione molto sentita della Rossi e l’intenzione di restituire dignità a una grande artista. È risaputo che purtroppo Mimì Bertè, alias Mia Martini, non ha avuto né una vita facile, né i riconoscimenti che meritava. Altri, invece, hanno contestato alcune scelte narrative, ritenute eccessivamente romanzate o poco approfondite sul piano psicologico.

LE SFIDE DEL GENERE

Un biopic non è un documentario, tuttavia il pubblico si aspetta comunque una certa fedeltà ai fatti. Vi è quindi il classico contrasto tra fedeltà storica e licenza artistica. Ogni modifica o omissione può essere letta come una mancanza di rispetto da coloro che conoscevano bene l’artista. I fan di un cantante o attore hanno già una loro immagine del personaggio. Un film che non la rispecchia rischia il rifiuto, anche se ben fatto.

C’è poi la scelta dell’attrice o attore protagonista che è cruciale. Non basta una somiglianza fisica: servono carisma, sensibilità e la capacità di entrare nel personaggio.

Fondamentali sono anche i diritti d’autore, l’approvazione dei parenti, la disponibilità del materiale originale. Senza, anche il miglior progetto può naufragare.

Realizzare un biopic significa quindi camminare su un filo sottile tra omaggio e critica, verità e spettacolo. Quando funziona, può essere un’esperienza cinematografica potente ed emozionante. Quando no, potrebbe essere un’opportunità persa.

Il cineforum Io sono Mia di venerdì 25 luglio a Materia Spazio Libero (via Confalonieri 5 Sant’Alessandro Castronno) può essere l’occasione per conoscere meglio il genere biopic, molto in voga negli ultimi anni, e per crearsi un’opinione sul film.

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Ingresso gratuito. L’incontro è realizzato da Anche Io Aps. 

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Pubblicato il 24 Luglio 2025
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