Dal silenzio di Dio alla voce del teatro: otto giovani in scena, tra l’orrore di Auschwitz e quello di Gaza

Sono ragazze e ragazzi della compagnia Trust The Process: il loro lavoro parte da un’opera ebraica per esprimere solidarietà al popolo palestinese e porre domande

Generico 22 Sep 2025

Dov’è Dio? E come può rimanere silente davanti al male?
Era la domanda che si poneva Elie Wiesel, in “La notte”, di fronte ad un bambino impiccato ad Auschwitz.
Ed è una domanda che si riaffaccia, da Qoelet nel deserto di Giudea 2500 anni fa fino ai giorni nostri.
Mentre in Medio Oriente la guerra in Palestina avanza e continua a mostrare l’orrore della violenza e delle vite spezzate, a chi è lontano dalla guerra, mentre osserva le sue atrocità filtrate dagli schermi dei media, urge il riflettere sul significato della memoria, della responsabilità e – per chi crede – del ruolo della fede. In particolare, per i religiosi, sul loro Dio.

Il teatro, da sempre specchio e coscienza del presente, si fa luogo in cui le domande che la cronaca impone trovano uno spazio per essere poste con radicalità.  «Un processo; ecco la soluzione per decretare se Dio davvero se ne infischia degli uomini»: questa la risposta trovata tra le righe di Elie Wiesel dalla compagnia teatrale Trust The Process, composta da attori e registi nemmeno ventenni, classe 2006 e 2007.

Sono degli studenti a parlare ai loro coetanei, a istigare i loro pensieri e a provare a dare delle risposte. Si ispirano così a Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace 1968, che ha dedicato la sua vita a ricordare le atrocità della Shoah e denunciare i rischi dell’indifferenza.
Nel suo testo ambientato a Shamgorod, città segnata da un pogrom, tre attori in fuga decidono di inscenare un processo in cui a essere messo sotto accusa è Dio stesso. A difenderlo compare addirittura Satana. Un intreccio che porta in scena la fede e il dubbio, la sofferenza e il rimorso, la paura e la necessità di chiedere conto del silenzio divino di fronte al male.

Come I Patagarri che fecero discutere con il loro brano al 1° maggio 2025, anche Trust The Process ha scelto un’opera ebraica per parlare del genocidio del popolo palestinese. Se la melodia di “Haga Nagila” è stata riadattata dalla band per portare al Concerto del Primo Maggio scorso a Roma il grido “Free Palestine”, qui la sceneggiatura muove dall’opera di un autore ebreo.

«Abbiamo istituito il 27 gennaio il Giorno della Memoria: l’obiettivo è ricordare per non ripetere, conoscere per individuare il fenomeno, anche nel momento in cui gli interessi e i Paesi attori dovessero mutare» chiarisce Nicole Trevisan Gioffrè. «Questa volta, a parti invertite, le atrocità rimangono e sono le stesse: un ghetto, uno sterminio. È un teatro che chiede allo spettatore di pensare, di confrontarsi, di non voltarsi dall’altra parte» spiega la regista.

Sul palco Lucia Bastone, Luca Fiore, Iris Ghidoni, Angelica Passeri, Giada Russo, Margherita Ripoldi, Emanuele Sarais e Nicole Trevisan Gioffrè, quest’ultima anche alla regia, daranno voce ai personaggi, sostenuti dal comitato soci Coop e dal gruppo “Gli amici di Angioletto” che hanno fatto propria la causa.

Il nome della compagnia – Trust the process, fidarsi del processo – riflette una filosofia: non si tratta di risposte definitive, ma di un percorso fatto di piccoli passi che vuole scuotere lo spettatore. Al centro, la critica all’indifferenza: tema che lega la Shoah, le guerre di oggi e ogni forma di odio religioso.

Così, da una materia dura e attualissima, sabato 27 settembre 2025 alle ore 20.30 andrà in scena The trial of God al teatro San Giovanni Bosco di Busto Arsizio per un bis, dopo il successo riscontrato nella messa in scena di sabato 3 maggio scorso. Per partecipare alla serata è possibile prenotare attraverso il form online (lo trovate qui).

Lo spettacolo del 27 settembre sarà solo il primo appuntamento: seguirà infatti un calendario dedicato agli incontri con le scuole, in collaborazione con i soci Coop, per continuare a dialogare soprattutto con i ragazzi, che stanno costruendo la loro identità e il loro sguardo sul futuro.

In tempi in cui la violenza sembra avere l’ultima parola, il teatro sceglie invece di aprire uno spazio di domande. Perché, come ci ha insegnato Wiesel, «l’opposto dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza».

 

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Pubblicato il 25 Settembre 2025
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