Gli specializzandi in Geriatria dell’Insubria: “Serve umanità per Gaza, continuiamo a curare ma non restiamo in silenzio”
Una lettera aperta per esprimere dissenso sulla situazione umanitaria e per ribadire l’impegno etico della professione medica

Una posizione chiara, maturata nel silenzio delle corsie ospedaliere, ma che ha deciso di farsi voce pubblica. Gli specializzandi in Geriatria dell’Università degli Studi dell’Insubria hanno firmato una lettera aperta indirizzata alle autorità accademiche per esprimere il proprio dissenso di fronte alla drammatica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza.
La lettera è stata inviata oggi alla rettrice dell’Ateneo, al prorettore vicario, alla presidente della Scuola di Medicina e al direttore della Scuola di Specializzazione in Geriatria.
“Difendiamo la vita, sempre”
Nel testo, i medici in formazione condannano «i continui attacchi dell’esercito israeliano a servizi di cura essenziali, come gli ospedali», definendo «intollerabile» il numero degli operatori sanitari uccisi, stimato in oltre 1.500.
Pur riconoscendo la complessità storica del conflitto israelo-palestinese, gli specializzandi esprimono «assoluto dissenso alla preoccupante evoluzione della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza» e richiamano il giuramento professionale: «Abbiamo giurato di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica».
Sciopero generale, ma in corsia
La lettera fa riferimento allo sciopero generale indetto per venerdì 3 ottobre, in solidarietà con il popolo palestinese. Gli specializzandi, pur condividendone il senso, spiegano di aver scelto di non aderirvi, continuando il loro lavoro in ospedale: «Abbiamo deciso di proseguire la nostra attività formativa-lavorativa accanto ai nostri pazienti nelle corsie ospedaliere – scrivono – pur fermamente convinti dell’assoluto bisogno di umanità in quelle terre martoriate».
Nel documento anche un appello rivolto alle istituzioni politiche, nazionali e internazionali, affinché si giunga alla «fine delle ostilità, all’apertura di reali corridoi umanitari e al rispetto del diritto internazionale» nei territori di guerra.
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