Cure domiciliari, RSA e presa in carico del territorio: quali sono i modelli per assistere gli anziani

Il direttore della Fondazione Molina di Varese Carlo Nicora ha spiegato l'offerta socio assistenziale per i grandi anziani e per chi non è autosufficiente. La popolazione continua a invecchiare e il bisogno è in crescita

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Il futuro del sistema sanitario passa anche – e soprattutto – dalla cura degli anziani. È questo il messaggio lanciato dal dottor Carlo Nicora, direttore generale della Fondazione Molina di Varese, realtà che da 150 anni si occupa della terza età. Con una lunga esperienza anche nella sanità pubblica lombarda, Nicora ha illustrato come è strutturata l’offerta dedicata alla popolazione anziana non autosufficiente, soprattutto grandi anziani, sottolineando opportunità e criticità di un sistema che ha bisogno di essere conosciuto meglio e rafforzato.

Un sistema articolato per bisogni diversi

«Oggi in Italia ci sono oltre 14 milioni di over 65, e più di 4 milioni e 600 mila non sono autosufficienti – spiega Nicora –. Due over 80 su tre hanno bisogno di assistenza, ma la loro presa in carico è ancora troppo sulle spalle delle famiglie».

Il sistema regionale lombardo offre tre principali tipologie di assistenza:

  • Assistenza domiciliare (ora “cure domiciliari”): comprende l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) e la RSA aperta, strumenti pensati per mantenere il più possibile l’anziano al proprio domicilio, con interventi infermieristici, fisioterapici e supporti alla persona.
  • Centri diurni: spazi protetti dove l’anziano, spesso affetto da demenza o Alzheimer, può trascorrere la giornata assistito da personale specializzato, per poi rientrare a casa la sera.
  • RSA: le Residenze Sanitarie Assistenziali, ovvero le strutture residenziali dove l’anziano vive a tempo pieno, nei casi in cui la complessità assistenziale non può più essere gestita a domicilio.

Il ruolo del medico di base e le famiglie lasciate sole

Il direttore Nicora ha spiegato che il medico di medicina generale è l’attore chiave per la presa in carico dell’anziano non autosufficiente, ma si scontra con carichi di lavoro pesanti e limiti organizzativi. «Quando il medico non riesce a seguire tutto – afferma – le famiglie spesso non sanno a chi rivolgersi. Eppure, le RSA sono presenti e distribuite in tutto il territorio: possono diventare punti di riferimento anche solo per ricevere informazioni sui servizi disponibili».

La Fondazione Molina, ad esempio, segue attualmente circa 800 pazienti in cure domiciliari e un’ottantina in RSA aperta. «È un’offerta che va rafforzata – aggiunge – perché oggi solo l’8-10% degli anziani trova posto in RSA, e meno dell’1% accede ai servizi semi-residenziali diurni».

Serve più attenzione: il futuro è nel territorio

Oltre alla scarsità di posti, uno dei problemi principali è la mancanza di consapevolezza: molte famiglie non conoscono i servizi a disposizione. «Il sistema socio sanitario – osserva Nicora – è profondamente cambiato. L’età media di ingresso è 84 anni e la permanenza si limita a circa due anni. Prima si cerca di restare a casa propria, con l’aiuto di familiari o badanti, che in Italia sono più di un milione, spesso in nero».

Guardando avanti, Nicora individua due sfide prioritarie: rafforzare la prevenzione anche per i grandi anziani, e spostare il baricentro della cura sul territorio, con RSA che diventino sempre più parte attiva delle comunità, a fianco delle case di comunità.

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Pubblicato il 27 Novembre 2025
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