Assalto al portavalori, in aula la prova che incastra il bandito
Processo a uno dei rapinatori che speronò un blindato alle porte della città nel 2006. Il direttore tecnico della scientifica di Roma conferma le accuse emerse da un prelievo su un passamontagna. Ricostruito l'agguato
Un prelievo di dna nel sottocasco, trovato tra il cruscotto e il parabrezza, in un camion abbandonato in tutta fretta dai banditi che tentarono di speronare un furgone portavalori, a Varese, il 31 maggio del 2006. Lo ha effettuato la dottoressa Paola Asili, direttore tecnico del servizio di polizia scientifica di Roma che ha testimoniato, in tribunale, nel processo contro Edoardo Atzeni: un sardo di 53 anni, arrestato nel dicembre dello stesso anno insieme a una batteria di rapinatori a Corbetta, nel milanese, e che risulta essere stato presente anche nell’assalto di Varese.
Ebbene, dalle testimonianze in aula, davanti al collegio presieduto dal giudice Orazio Muscato, è emerso che quel trasporto non era un viaggio qualunque, ma un prelievo da caveau e caveau, e cioè un tragitto un po’ speciale, molto più ricco dei normali giri tra filiali bancarie: e i rapinatori lo sapevano. L’autista del blindato, interrogato in aula, aveva consegnato del denaro a Milano e stava tornando a Varese con altro contante. La cifra non era mai stata divulgata, ma l’ex capo della squadra mobile, Franco Novati, ha spiegato che secondo le indagini si trattava di circa 1 milione e 200mila euro; una somma da capogiro, che i malviventi volevano prendere con un piano davvero ardito. Il blindato era quasi giunto a Varese e, come ha ricostruito l’autista, il camion, che procedeva in senso opposto, sbandò e poi sterzò di botto. Le tre guardie giurate, pur in preda al panico, riuscirono a scartare e a scappare fino a un deposito di via Stoppada. Gli occupanti del camion, forse due, schizzarono fuori ed entrarono in un’Audi scura che stava inseguendo il furgone, con altri due complici a bordo. La vettura, che risultò rubata, fece inversione e scappò verso Milano. Il dottor Novati racconta inoltre che in serata, dalla questura di Milano, arrivò l’avviso che la macchina era stata trovata, in fiamme, alle 22 e 40, all’uscita Cusago della tangenziale ovest. Alla polizia rimase quel sottocasco dimenticato nella fretta della fuga, e fu preziosissimo, perché quando il 6 dicembre del 2006 fu arrestata la batteria di Corbetta, si ipotizzarono modalità simili per una serie di colpi e si procedette al prelievo del tampone salivare per tutti i malviventi. E qui torna in gioco la dottoressa Paola Asili che, dopo un primo prelievo della scientifica Milano, rifece le analisi a Roma, asportando un campione all’altezza del naso, e trovando una corrispondenza genetica perfetta con il dna di Atzeni.
L’uomo è, per ora, l’unico imputato del processo per quella tentata rapina, dove l’accusa è sostenuta dal pm Massimo Baraldo, ma questa vicenda è forse solo un tassello di un puzzle molto più complesso: dove sono gli atri tre complici? C’entrano qualcosa con la rapine di Milano, Novara, Lodi, e forse anche altri colpi clamorosi degli anni novanta?
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