Un viaggio musicale nel “baratro dell’Antropocene”: il concerto che ha stregato il pubblico a Glocal

Il concerto reinterpreta tramite musica e video il celebre Trittico delle Delizie di Bosch. L'autore: "Questo spettacolo vuole essere un pugno nello stomaco, interpella tutti sulla modernità"

Antropocene project

Quello di Antropocene è stato un viaggio musicale che ha stregato e catturato gli spettatori delle Ville Ponte di Varese. (foto Paolo Paliaga)

Una potentissima immersione all’interno di un quadro in grado di parlare di antropocene nonostante la realizzazione del dipinto risalga alla fine del Quindicesimo Secolo, quando la parola antropocene ancora non era stata coniata e la società medievale occidentale, in pieno umanesimo e pronta ad abbracciare la modernità con la “scoperta” dell’America, certamente non avrebbe potuto immaginarsi il devastante e irreversibile impatto che l’uomo avrebbe avuto sul pianeta che abita. Un pianeta che rimarrà segnato con profonde cicatrici destinate a permanere anche dopo l’estinzione del genere umano.

La prima serata di Glocal, il festival del giornalismo organizzato da VareseNews, si è conclusa nella Sala Napoleonica delle Ville Ponti con una lunga serie di applausi al termine di Antropocene, il concerto-spettacolo che ripropone immagini del celebre Trittico del Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch accompagnate dai suoni e le musiche dell’era contemporanea, quella dei cambiamenti climatici e sociali.

Giardino delle Delizie Bosch - foto wikipedia

L’esibizione di Paolo Paliaga (tastiere) Luca Pedroni (chitarra), Patrizio Balzarini (batteria) e Jesús de la Iglesia (regia video) è un originale connubio di diverse forme artistiche – musica, pittura, cinema – e teorie sociologiche (nel video proiettato al quadro di Bosch appaiano a schermo interventi di grandi pensatori come Rifkin, Chomsky, Galimberti): l’obiettivo è quello di scuotere le coscienze degli spettatori attraverso una «reinterpretazione in chiave laica» del trittico esposto al Prado di Madrid, a distanza di mezzo millennio dalla sua realizzazione.

Durante il concerto non una parola viene proferita dai tre musicisti sul palco, intenti a connettersi tra di loro e al vero metronomo dell’esibizione, il quadro di Bosch proiettato in sala. Nel mentre lo schermo della sala alle loro spalle viviseziona in un filmato la grande opera suddivisa per l’appunto in tre pannelli: Il Giardino dell’Eden, Il giardino delle Delizie e L’inferno musicale. Quella del quartetto – in replica a Besozzo il prossimo 9 dicembre – è una vera e propria sonorizzazione, che trova compimento nelle pennellate ad olio di un quadro del 1490 anziché per le immagini di un film muto di inizio Novecento, come più solitamente avviene in questi casi.

Come spiegato dagli artisti alla fine dello spettacolo, per Antropocene non esiste una vera e propria partitura musicale, solo un canovaccio dettato dalle creature antropomorfe che popolano i quadri di Bosch: come una lente di ingrandimento, la camera si sposta e analizza il Trittico nei particolari da sinistra verso destra, dall’alto verso il basso. Alla vivisezione dell’opera si aggiunge inoltre un impattante lavoro registico ad opera da De la Iglesia, che attraverso un “estraniante” montaggio affianca o sovrappone scene di forte attualità, ovvero le immagini della contemporaneità e della crisi dell’epoca dell’uomo.

Della magmatica pletora di anime presenti nel quadro, ciascuna così per un breve momento diventa centrale e protagonista, dando la possibilità di sviscerare e reinterpretare, ma senza perdere la forte carica ermetica, diverse tematiche sociali che si riversano in un’escatologia laica.

Le luci in sala sono naturalmente spente, la musica crea un’atmosfera di connessione collettiva col pubblico, allora lo schermo illumina la sala e mostra la “schiusa” del trittico (La creazione del mondo, nella foto sotto): inizia così un viaggio parallelo tra la storia della Terra e quella dell’uomo. Un viaggio fatto di contrasti e di domini, sia della natura sull’uomo e viceversa, un complesso rapporto iniziato con la domesticazione del fuoco e arrivato oggigiorno all’atomica, con la possibilità dell’uomo di distruggere il pianeta. Non è un caso, infatti, che Robert Oppenheimer è considerato il nuovo Prometeo, il secondo dopo il (dottor) Frankenstein nato dalla penna di una giovanissima Shelly in piena rivoluzione industriale, epoca in cui è effettivamente iniziato il processo dell’antropocene.

Bosch - Trittico delle Delizie "chiuso"

(Il trittico chiuso – foto Wikipedia)

Come intuibile, le prime note della “sonorizzazione” del Trittico di Bosch sono armoniose, ancestrali, e rimano con la dolce letizia del Giardino (perduto), l’Alfa immacolato dal peccato (Pedroni all’elettrica omaggia Schubert mentre Balzarini suona il suo ricco set alle percussioni con le mani e con rami di glicine per restituire all’Eden un effetto “silvano”). Tuttavia, nell’arco di circa un’ora di esibizione si assiste alla sopraffazione sulla natura attraverso un sempre più veloce sviluppo tecnologico, un potente spirito uscito dal controllo del suo stregone, volendo prendere in prestito un’immagine dal Faust di Goethe.

Durante il passaggio tra i pannelli, musica, pittura e video cambiano repentinamente registro raggiungendo nell’arco di un’ora il caos delle moderne Babilonie, illuminate da Bibbie al Neon e infestate da anonimi fantasmi (non dissimili ai passanti di Munch), le cui esistenze sono così frenetiche e gravose come lo sono i suoni, resi dalla tastiera di Paliaga che si trasforma in un organo spettrale. È il preludio dell’Omega, che nel Medioevo cristiano artisti e pensatori come Bosch (o Dante) vedevano prendere vita nella Città di Dite, o del freddo Tartaro della mitologia greca in cui vengono rinchiusi i colpevoli di titanismo e hybris. Nel caso di Antropocene verso la natura. Scenari e suoni premonitori di un requiem collettivo, sia della specie umana e sia del pianeta ferito.

«In questo lavoro ho voluto inserire la mia poetica, che deriva da studi di sociologia – spiega al pubblico Paliaga, l’ideatore di Antropocene -. Ho raccolto la voce di diversi intellettuali critici verso la modernità, in particolare su alcuni temi. La tecnica e la tecnologia sono scappate di mano dalla gestione politica, così come l’economia e la finanza. Questi sono dei fenomeni che procedono autonomamente e stanno trascinando la nostra modernità vicino ad un baratro: questo spettacolo vuole e deve essere un pugno nello stomaco, deve essere un messaggio chiaro e interpella tutti noi sul modo in cui viviamo, per passare da consumatori inconsapevoli a consapevoli. Il nostro è stato un viaggio dentro un quadro, che oggi, a distanza di secoli, si presta a dire quello che questa sera abbiamo raccontato attraverso l’arte».

Antropocene project

Marco Tresca
marco.cippio.tresca@gmail.com

 

Rispettare il lettore significa rispettare e descrivere la verità, specialmente quando è complessa. Sostenere il giornalismo locale significa sostenere il nostro territorio. Sostienici.

Pubblicato il 12 Novembre 2023
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.