Italiani popolo di emigranti. Raccontate la vostra storia

Una foto del 1923 scattata a Parigi ritrae un gruppo di operai in un cantiere edile: «Tra loro c'era mio nonno»

«Cominciamo a scrivere le storie e a farle conoscere». Così Graziano Resteghini, l’autore di questo articolo-testimonianza che speriamo sia solo il primo di una serie, propone un tema importante e a volte dimenticato, quello dell’emigrazione. Gli italiani sono un popolo di migranti. Nell’arco di cento anni, a partire dal 1861, sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione al momento dell’Unità. E fu un esodo che toccò tutte le latitudini del nostro paese, senza nessuna regione esclusa, senza nessun "luogo comune" riferibile alle regioni meridionali piuttosto che al settentrione. Anzi. Tra il 1876 e il 1900 tre regioni fornirono da sole il 47 per cento del contingente migratorio: il Veneto (17,9), il Friuli Venezia Giulia (16,1 per cento) e il Piemonte (12,5 per cento). La situazione si capovolse nei due decenni successivi quando il primato migratorio passò alle regioni meridionali con la Sicilia che dette il maggior contributo, 12,8 per cento con 1.126.513 emigranti, seguita dalla Campania con 955.1889 (10,9 per cento). Il fenomeno non si è esaurito. Oggi gli italiani sono ancora al primo posto tra i migranti comunitari (1.185.700 di cui 563.000 in Germania, 252.800 in Francia e 216.000 in Belgio) seguiti da portoghesi, spagnoli e greci.  L’indirizzo per segnalarci le vostre testimonianze è quello di sempre redazione@varesenews.it

La foto che vedete è stata scattata nel giugno del 1923, in un cantiere edile a Parigi. Ritrae tra gli altri il mio nonno materno, Selva Giuseppe fu Giovanni, nato a Castiglione d’Intelvi nel 1886, che, all’età di 12 anni, al seguito del padre, è emigrato in terra di Francia ad apprendere il mestiere che poi fece per tutta la vita: il piastrellista. (clicca sulla foto per ingrandirla)
Sappiamo della data perché il nonno raccontava che nei giorni in cui scattarono quella fotografia aveva offerto da bere un barilotto di birra ai colleghi per festeggiare la nascita di mia madre, nata appunto nel giugno del 1923.

Mio nonno, fino a circa metà degli anni ’30, svolse questo lavoro  in terra straniera, in Francia e in Svizzera, poi le vicende politiche costrinsero i nostri a rientrare in Italia e ad iniziare a spostarsi nel Paese alla ricerca di lavoro. Tutto questo lasciando la famiglia, donne e figli, a lavorare una terra dura ed avara, difficile da coltivare. In queste poche righe ho cercato di sintetizzare una storia di emigrazione, quella che ha toccato la mia famiglia. Come la mia penso siano tante le famiglie con storie simili.

Dovremmo rispolverare queste storie, andando a chiedere ai nostri vecchi di raccontarle. E poi, come nei mesi scorsi abbiamo esposto le bandiere della pace per far sentire il nostro parere su un argomento così importante, cominciamo a scrivere le storie e a farle conoscere. 
Farebbe molto bene alle nostre coscienze e, chissà mai, anche a certi nostri politici, corti di memoria e poveri di cuore.

Graziano Resteghini

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Pubblicato il 05 Aprile 2004
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