Nepal, dalla giungla alle nevi eterne

Il viaggio di Stefano Marcora nel subcontinente indiano continua con i panorami del Paese recentemente uscito da una crudele guerra civile

In avvicinamento a Kathmandu.
Dopo un bel giro tra giungla, montagne e gente cordiale affatto impicciona, sono sceso a sud, lasciando cosi’ il Sikkim e le sue fortunatamente poco turistiche lande. L’altro giorno ho preso una jeep collettiva che mi ha portato ancora una volta nel caos ‘dell’India verace’ di Siliguri. La mattina dopo mi sono svegliato presto e ho fermato un minibus che, a detta del bigliettaio, era un non-stop diretto alla contigua frontiera nepalese. Invece, anche se gia’  nell’intimo lo sapevo, era un bus locale che si fermava ad ogni istante per avere piu’ passeggeri possibile. Un po’ arrabbiato sono giunto alla frontiera nepalese, ma ormai il nuovo passaggio mi attendeva. La prima citta’ nepalese nel confine autorizzato agli stranieri e’ Kakabhitta, nella zona sudest e tropicale del Nepal. A questo punto ero informato che le cose non erano cosi’ facili per raggiungere la capitale; le inondazioni causate dalle forti piogge monsoniche che nello stato indiano del Bihar hanno provocato molte vittime, anche in Nepal avevano fatto disastri, distruggendo il ponte sul fiume Koshi e quindi bloccando la mobilita’ in mezzo Paese. In pochi minuti quindi sono stato costretto a cercare un volo diretto su Kathmandu. L’aeroporto di questa cittadina era tutto un programma con i controlli e le modalita’ d’imbarco realizzati manualmente. Qua ho conosciuto Anitha, una Nepalese che mi ha aiutato per le traduzioni. Prima di imbarcarci mi raccontava che due mesi prima il volo per Kathmandu era stato cancellato causa maltempo. L’aereo a elica della Yeti air ci ha accompagnato a destinazione senza problemi. Per limitare il rumore interno all’aereo le hostess offrivano… cotone idrofilo. Alle due del pomeriggio ero nella capitale.

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Verso il Langtang

Suono pastoso dei Mogwai. Dove sto andando? ‘Take me somewhere nice’ si intitola questo pezzo che mi circola per la mente…

Sveglia alle 5,15, una lavatina, metto le poche cose che ho selezionato nello zaino, esco: fuori c’e’ un taxista che sta pulendo la sua piccola Suzuki. Contratto il prezzo fino a 150 rupie, poi salgo. Arriviamo alla stazione dei bus di Gongabu. Alle 6,30  c’e’ il bus che mi condurra’ all’imbocco del mio primo trekking in Nepal. So gia’ che dovremo cambiare un bus perche’ le frane hanno interrotto la strada. Davanti a me nell’autobus ci sono due ragazzi europei.

Il mezzo e’ da descrivere: tappezzeria tipo stile leopardato, sopra il posto guida pendono ricami rossi fatti in casa con pon pon di lana. Il parabrezza e’ ornato da due mazzi di polverosi fiori di plastica: rose rosse a destra, rose bianche a sinistra. Oltre agli zaini, il corridoio e’ colmo di beni vari come sacchi di riso e patate, pacchetti, una televisione (nuova) e, per concludere in bellezza, una bombola (piena) del gas. Driver, bigliettaio e mozzo hanno il cappellino. Vorra’ dire qualcosa?

Kathmandu e’ ancora immersa nella nebbia quando risaliamo le pendici della Valle. Accanto a me le montagne sono coperte da terrazzamenti di riso e lembi di foresta subtropicale. La giornata e’ quasi tersa; spero di scorgere presto le catene dell’Himalaya. Poco dopo che mi son messo a chiaccherare con una studentessa seduta accanto  me, eccole!! Svoltato un tornante mi appaiono in tutto il loro splendore del mattino e dei loro 7000 metri. Il viaggio procede ‘spedito’ fino ad un certo punto; poi la strada e’ franata, quindi dobbiamo scendere, compiere una decina di minuti a piedi e poi salire su un altro bus. Ma non e’ finita. Una frana gigantesca ha distrutto ancora nastro sterrato. Non ci resta che scendere ed effettuare le medesime operazioni; saliti sull’ultimo bus veniamo a sapere che questo non partira’ prima di due ore perche’ deve aspettare altri passeggeri. 135 chilometri tra Kathmandu e Syabrubesi, la mia destinazione. Sono le 15 e la strada non e’ affatto finita. Ora so che i bus mi amano. 

Primo giorno di trek in Langtang. Syabrubesi (1400) > Rimche (2400 mt.).

Davanti a me la stufa a legna riscalda e asciuga i panni sudati dopo la prima giornata di trek. Oggi e’ stato faticoso. Ho lasciato il lodge di Syabrubesi alle 7. A 1400 metri non faceva affatto fresco in zona tropicale. Passo il posto di controllo della polizia e continuo a salire. La vegetazione e’ rigogliosa, i sentieri sono strabattuti dalla gente del luogo e ben tenuti con frequenti gradini di pietra. La giornata e’ tersa ma le nuvole avanzano da sud. Montagne di 3000 metri impediscono la vista di quelle piu’ alte. Dopo mezz’ora di cammino, quando ormai credevo fossero leggende metropolitane, abbasso gli occhi e vedo una sanguisuga che mi risale i pantaloni. 

Secondo giorno: Rimche (2400 mt.) > Kyanjing gompa (3870).

Parto presto con mattina splendida. La voglia di vedere i 7000 metri e’ fortissima. Dapprima mi infilo in una foresta umidissima con ruscelli e torrenti impervi ovunque. Poi, ad un tratto, tra un albero e l’altro mi appare il Langtang 2 (6571), una cima aguzza illuminata dalla luce del mattino. Faccio ancora qualche passo lungo il sentiero muschioso e scorgo anche il Langtang lirung (7246) colmo di neve e ghiaccio. La valle del Langtang parte da 3000 metri circa ed e’ attorniata da cime spettacolari.  

Terzo giorno: Kyanjing gompa (3870 mt.) > Kyanjing ri (4773).

Questa mattina mi alzo verso le 5,30 per vedere dalla finestra della stanza le cime che mi circondano. Cielo super pulito e neve-ghiaccio-picchi-rocce ovunque. Oggi parto piu’ tardi perche’ devo aspettare una persona che mi ha caricato la batteria della fotocamera. Nel frattempo  faccio due passi per il paesino costituito da una trentina di case di pietra, ornate e ricamate da bandiere buddiste. Le donne del posto indossano vestiti tradizionali e caminano spedite. Compro tre etti di formaggio di yak e mi faccio cuocere un pane tibetano; il pranzo di oggi. Alle 9,30 attacco il sentiero ripido che mi portera’ sul Kyanjing ri. Salgo bene. Su una antecima ci sono diversi stranieri, quasi tutti con guida. Poco prima delle 10,50 sono sulla sommita’. Anche se  le nuvole annebbiano un po’ l’orizzonte, il panorama e’ stupendo: Lantang lirung (7240), Kimshun (6745), Yansa t. (6543) abbelliti da ghiacciai e morene immense. Sono in cima da solo e a qualche chilometro dal Tibet.

Quarto giorno: Kyanjing gompa (3870 mt.)

Oggi mi attende il Tsergo ri con i suoi 5000 metri ed un dislivello maggiore di 1100 metri in salita. Salgo bene ma decido di camminare piu’ lentamente di ieri, l’altitudine si sente. Dopo i 4000 mt. la vegetazione e’ ricca di genziane, stelle alpine, rododendri e quache isolato larice. Verso i 4600 mt. il sentiero si divide: da una parte delle strutture in pietra  per gli yak, dall’altra si sale ancora diritto. Prendo il sentiero che porta alle stalle e mi si presenta un panorama di cime e ghiacciai che confinano con il Tibet. Le nuvole pero’ sono piu’ insistenti di ieri e stanno arrivando da sud e dal basso; dopo pochi minuti arrivano in massa e coprono tutto. Faccio ancora qualche centinaio di metri in salita tra scuri massi di origine morenica, ma poi decido che e’ poco utile e pericoloso salire (causa nebbia). Ritorno a valle con un leggero mal di testa. 

Quinto e sesto giorno.

 E’ il momento di lasciare Kyanjing gompa e la sua immensa valle penetrata da fiumi e morene, ma non prima di aver compiuto un’altra camminata in un punto panoramico di fronte al Langtang lirung, la vetta piu’ alta della valle. Mi accompagna un signore che lavora nel mio alberghetto: deve andare a fare legna proprio sotto la mia destinazione. Cammina con una velocita’ ed una agilita’ impressionanti! Anche se arrivo a destinazione alle 9, quasi tutte le catene principali sono coperte dalle nuvole. La dinamica in questi giorni e’ simile: notte e mattino presto cielo sereno, dopo le 8,30-10 arrivano da sud ovest le nuvole che coprono i promontori ma in valle rimane quasi sempre soleggiato. Al mio ritorno passo per un bosco di betulle; queste essenze, insieme a larici e tassi crescono anche oltre i 4000 metri.

Il cammino di ritorno verso Syabrubesi e Kathmandu procedera’ in due tappe. Mi spiace veramente lasciare questi pascoli di yak e cavalli, di donne e uomini sinceri che recitano il rosario buddista mentre lavorano.

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Pubblicato il 30 Settembre 2008
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