Quando Vismara entrò in campo con una spada medievale
Lo afferma la sentenza del giudice sportivo che ha sanzionato l'allenatore e la società Seamen al termine di una partita nel dicembre 2010. I giocatori, incitati dall'allenatore, avevano anche distrutto uno spogliatoio e sparato fuochi d'artificio
In campo con una spada medievale in mano, simbolo di potenza e di forza ma anche un’arma bianca che poco si addice ad un campo sportivo. Così si presentò Maurizio Vismara (oggi a processo con l’accusa di violenza sessuale, ndr) sul campo sportivo di Bresso il 18 dicembre del 2010, al termine dell’incontro tra la formazione locale e i Seamen. Per non essere da meno i giocatori sfasciarono gli spogliatoi a loro assegnati sradicando anche un lavandino dalla parete. Questo è quello che si evince dalla documentazione analizzata dal giudice sportivo in seguito all’esposto della società Puma e dall’arbitro della partita.
Questi erano i ragazzi di Vismara, da lui allenati e vincitori del campionato. ecco come relaziona il giudice sportivo in merito al comportamento ell’allenatore: «Risulta ampiamente provato dalla documentazione acquisita che il Sig. Maurizio Vismara ha portato in campo una spada di tipo “medievale” di consistenti dimensioni. La vigente disciplina in materia di armi prevede regole assai restrittive per l’argomento e qualifica un simile oggetto come “arma propria”, in particolare rientrante nella nozione di “arma bianca”, categoria per la quale non è consentito il libero porto al di fuori del luogo di custodia. Non risulta essere stata chiesta – né tantomeno ottenuta – alcuna autorizzazione da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza in tale senso né è stato dato alcun avviso alla società Puma, organizzatrice dell’evento, del fatto che sarebbe stata portata un’arma in campo». Secondo il giudice, inoltre, Vismara ha addirittura partecipato attivamente alla manifestazione messa in atto dai propri giocatori, così confermando l’approvazione da parte della dirigenza Seamen e incoraggiando i propri atleti nel protrarre il proprio comportamento.
«La società Seamen – prosegue la relazione – ha fatto uso di materiale esplodente (segnatamente fuochi artificiali) senza le prescritte autorizzazioni e anzi a fronte di un espresso divieto di chi aveva la responsabilità della gestione dell’impianto sportivo. Tale comportamento, oltre che sprezzante delle più elementari regole di correttezza nei confronti della società ospitante, ha messo a rischio l’incolumità dei presenti – atleti e pubblico – in quanto ha comportato l’utilizzo di materiale esplodente in assenza delle condizioni di sicurezza richieste dalla normativa in materia e comunque elle più elementari precauzioni». Al comportamento degli atleti Seamen, infine, è stato imputato anche il danneggiamento della struttura ospitante, in particolare gli stessi hanno divelto un lavandino degli spogliatoi a loro assegnati. (Qui la relazione completa)
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