“Questo non è l’ospedale che ho progettato. Mi sento offeso”
L'architetto Paolo Ciotti che progettò e seguì i lavori del nuovo ospedale varesino esprime il suo grande dolore nel vedere le difficili condizioni in cui opera il personale per assistere i pazienti

È stato il padre del monoblocco, l’architetto che lo ha seguito sin dai primi progetti fin dopo l’inaugurazione. Oggi, Paolo Ciotti scrive amareggiato per quello che è diventato l’ospedale di Varese. In pensione ormai da qualche anno, ci è tornato per far visita a un parente ricoverato da giorni in pronto soccorso, in attesa di un posto letto. La sua amara riflessione a distanza di dieci anni dall’inaugurazione del monoblocco e il dispiacere per quello che, reputa, sia stato uno sgarbo all’intera città di Varese:
Buon giorno,
con questo mio scritto voglio esprimere un sentimento di delusione di come si gestiscono “le cose” nel nostro ospedale cittadino.
Questa mattina sono stato nel Pronto Soccorso dell’ Ospedale di Circolo (nuovo complesso ospedaliero) per visitare un mio parente bisognoso di cure. La persona è stata accolta domenica scorsa e dopo i dovuti accertamenti clinici deve essere ricoverato in un reparto medico, ma da quel giorno è “parcheggiato” in P.S. in attesa di un posto letto nelle degenze, (oggi è giovedì).
Ho potuto constatare di persona la situazione di sovraffollamento e di conseguente disagio dei pazienti, ed anche di difficoltà degli operatori sanitari per lo stato delle cose.
Mi domando: a cosa sono serviti gli sforzi di oltre dieci anni di lavori (progettazione finanziamenti e costruzione) per avere a disposizione di Varese un ospedale nuovo con tecnologie di ultima generazione e 750 posti letto oltre un Pronto Soccorso moderno, se poi a distanza di alcuni anni dalla sua inaugurazione (29 marzo 2007) e messa contemporanea in servizio si è di fronte ad uno spettacolo che porta a confronti con realtà certamente non immaginabili per la nostra civiltà, mentre a detta di chi ci governa invece sono eccellenze nella sanità?
Le confesso in tutta sincerità che uscendo dal Pronto Soccorso ho provato un dolore ed un rammarico, oltre a sentirmi deluso e profondamente offeso per quanto ho dedicato della mia vita professionale affinchè questa struttura diventasse veramente un orgoglio di Varese. Forse a causa dei tempi e dello scorrere stesso del tempo, non ci si sente più aggiornati alle modernità, ma allora dove è finito il senso di appartenenza e il sentimento che guida a porre la persona al centro delle attenzioni, soprattutto quando questa abbisogna della massima assistenza clinica?
Grazie per l’attenzione e un cordiale saluto.
Paolo Ciotti
Ciclicamente, il problema del Pronto soccorso varesino ritorna. A nulla sono valsi le visite indignate dell’assessore regionale Mantovani, le ricette del governatore Maroni, i blocchi delle attività chirurgiche programmate. Il PS si presenta sempre come un luogo poco dignitoso per un malato, nonostante il grande impegno del personale che cerca di gestire una situazione disperata.
L’architetto Ciotti lamenta la grave mancanza di posti letto: nel progetto iniziale presentato per ottenere il finanziamento, l’ospedale era stato progettato per ospitare 1500 posti letto. Poi, alla fine degli anni ’90, la Regione impose un ridimensionamento pesante per tutti i presidi lombardi. Anche Varese dovette cedere la metà dei suoi letti. 750 posti, però, erano garantiti, mentre oggi se ne raggiungono a mala a pena 500.
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