Malattie cardiache, piccoli ospedali crescono

Negli ospedali della provincia non c'è solo routine: al Galmarini è stato effettuato il primo impianto di pace maker biventricolare, al centro di riabilitazione Maugeri arrivano i trapiantati di Niguarda

Alla faccia di tutti i preconcetti, sull’importanza di andare in un grande ospedale, o rinomato, o altamente specializzato. Anche nei piccoli ospedali, quelli "di periferia" senza particolari blasoni se non l’affetto dei pazienti che ci vanno da tanti anni, possono essere eseguite con successo operazioni complesse e d’avanguardia. Come nel caso del reparto di cardiologia dell’ospedale di Tradate, per esempio, dove è stato recentemente eseguito il primo impianto di pace maker biventricolare.

"Una operazione che, per la verità, si realizza in Italia e nel mondo da circa due anni" si schermisce Daniela Barbieri, la dottoressa a capo dell’equipe del reparto di cardiologia dell’ospedale della cittadina che ha realizzato l’operazione "e che i nostri colleghi di Varese o di Castellanza, ad esempio, eseguono già da almeno un anno".

Ma la modestia non basta in questo caso, a non creare il "caso": questa operazione è una prima assoluta, non è affatto semplice da mettere in pratica e comporta pure parecchi rischi per quel che riguarda la sua riuscita. Ma come si è sentito mai il paziente?

"La nostra "cavia"è un mio paziente da tanti anni, a cui già l’anno scorso avevo inserito un pace maker classico per il ritmo e veniva curato già da noi con farmaci per lo scompenso, ma ciò nonostante non aveva miglioramenti: continuava a peggiorare e lui continuava a chiedermi cosa fare. Così gli ho spiegato di questa nuova possibilità, del fatto che poteva essere una soluzione per lui, ma anche del fatto che non era mai stata eseguita da noi . Così si è convinto della necessità di provare…"

Un signore fortunato, questo primo paziente dell’ospedale di Tradate: spesso, a volte anche più di quanto le attrezzature e le professionalità impongano, c’è grande differenza tra chi cura per tanti anni un paziente con malattie cardiovascolari e chi lo opera per operazioni importanti: molti infatti cambiano ospedale o provincia quando si tratta di applicare by pass, sostituire valvole, o subire trapianti. Con il vantaggio di strutture più preparate alle operazioni, ma lo svantaggio di ritrovarsi di fronte ad una equipe preparata ma per il quale il paziente rappresenta un perfetto sconosciuto. 

Per la "cavia volontaria" dell’equipe della dottoressa Barbieri, invece, non è stato così. Anche se è stata una "Operazione complessa, specialmente per il posizionamento del catetere del ventricolo sinistro che permette, con quello già inserito precedentemente, la stimolazione contemporanea dei due ventricoli del cuore invece che uno solo come nel pace maker tradizionale" spiega la Barbieri, che ha operato con la collaborazione del suo collega Massimo Bignotti e l’assistenza speciale di un tutor in arrivo da Brescia.

L’operazione effettuata a Tradate, dopo questa prima assoluta,  rientrerà d’ora in poi tra le terapie previste per il trattamento dello scompenso cardiaco grave, una patologia molto diffusa e invalidante: tale trattamento è diventato il programma di eccellenza del presidio ospedaliero di Tradate, sviluppato dal reparto di cardiologia diretto da Gianluigi Poggio. Il programma comprende tra l’altro controlli clinici, esami frequenti e un percorso preferenziale facilitato per i pazienti in cura. Tra i quali ci saranno certamente altri pazienti dell’ospedale in attesa di questa operazione… "Non così tanti. Abbiamo studiato il quadro clinico dei pazienti affetti da scompenso cardiaco grave, che da noi sono circa centoventi. E sono solo in due ad essere, ora, nella condizione di ricevere la nostra proposta di intervento". Questo nuovo intervento, che ora anche a Tradate si può effettuare, non è quindi la panacea di tutti i mali ma è certamente una possibilità in più per chi ha convissuto finora con la certezza di non avere più nulla da fare, dopo le terapie farmacologiche e i primi tentativi di by pass tradizionali, per contrastare una malattia che usura il cuore in maniera fatale.

E a pochi metri dal Galmarini, un altro presidio ospedaliero tradatese  aiuta la vita dei malati cardiologici che hanno subito interventi importanti: al centro di riabilitazione Maugeri, noto per i suoi trattamenti di riabilitazione ortopedica, esiste una importante sezione di riabilitazione dopo le più importanti operazioni di tipo cardiologico, come i trapianti. Una attività poco nota in provincia, anche se il Maugeri accoglie pazienti da tutto il nord Italia.

"I pazienti più lontani solitamente sono quelli che provengono dal centro trapianti di Niguarda" spiega, non senza modestia, Roberto Pedretti primario dell’unità cardiologica della fondazione salvatore Maugeri "A cui noi siamo legati per la riabilitazione post trapianto"  Una riabilitazione delicata, che ha bisogno di molta attenzione e professionalità… "Non sta a me dirlo. Certamente c’è bisogno di molta collaborazione tra il reparto che si è occupato dell’operazione e quello che si occupa della riabilitazione" una collaborazione che con il grande centro di Niguarda è evidentemente proficua. 

I pazienti che hanno subito operazioni importanti, infarti o scompensi gravi non arrivano al Maugeri direttamente: "Tutti i nostri pazienti sono qui in cura riabilitativa dopo un episodio acuto" precisa il primario "perciò sono tutti pazienti provenienti da un altro ospedale che ne ha curato la forma acuta, e del quale noi rappresentiamo la prosecuzione della terapia" Una terapia che comprende persino il servizio psicologico: "Noi consideriamo problemi psicologici e malattia cardiologica intimamente legati: questa è una malattia che di per sè dà forti problemi psicologici al paziente, ed è necessario curare anche quelli perchè la riabilitazione sia più completa ed efficace" 

Per questo la cardiologia, insieme al servizio di psicologia diretto dal dottor Bertolotti, sta per dare alle stampe il "manuale del cuore" realizzato in collaborazione con l’università di Edimburgo che aveva dato alle stampe un’edizione per gli ospedali inglesi nel 1990: il libro, nato per dare un supporto al paziente che conclude la fase di ricovero, contiene consigli fisici, alimentari ma soprattutto psicologici.

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Pubblicato il 05 Febbraio 2001
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