Clonazione, anche l’Insubria ha i suoi “geni”
Ecco come l'Università di Varese affronta la ricerca. Intervista al professor Roberto Taramelli
La clonazione di un embrione umano? Ancora molto lontana. I giornalisti che parlano di clonazione? Avrebbero bisogno di qualche lezione. I kit per i test genetici? Un’arma a doppio taglio. I ragazzi che studiano biologia a Varese? Bravi e impegnati ma sradicati dalla realtà.
Parla pesando le parole Roberto Taramelli, professore ordinario di genetica umana all’università dell’Insubria, ma ciò non toglie che ogni frase sia un po’ come lui: "non convenzionale". All’università dell’Insubria Taramelli è arrivato quattro anni fa, dopo un esilio, come lo definisce lui, durato qualche anno a Catania: "Nel nostro ateneo nessuno si occupa di cell cloning, di clonazione cellulare; il Dipartimento è impegnato invece nello studio della clonazione di geni, (gene cloning). E’ un altro modo di affrontare la questione, la nostra è clonazione di geni orientata soprattutto alla diagnosi molecolare delle malattie genetiche". Ma come si affronta tra i banchi dell’Insubria l’aspetto etico connesso alla clonazione? "Non come vorrei – risponde ancora il professor Roberto Taramelli -. I ragazzi fanno fatica a discutere delle implicazioni morali che le nostre ricerche comportano. Spesso, se parlo di queste cose nel corso di una lezione, mi sento dire che sono uscito dal seminato". Un altro esempio: i kit per eseguire i test genetici hanno lo scopo di scoprire se una persona ha "ereditato", dai parenti prossimi, i geni che potrebbero dare origine ad un tumore. "Ebbene, una volta eseguito il test, per esempio, alla mammella succede spesso questo: la donna scopre di avere ereditato la possibilità di sviluppare il cancro. Ma non si sa né se questo succederà mai, né quale delle due mammelle potrebbe essere colpita dal male. La soluzione? Aspettare e vedere quello che succede negli anni, oppure asportare entrambi i seni. Situazioni assurde, che mettono le persone in condizioni psicologiche terribili. Meglio, sostengo io, utilizzare il kit solo quando si saprà già come intervenire sui geni "difettati", senza dover fare mutilazioni preventive. Ebbene ho posto il problema ai miei studenti in questi termini: voi fareste fare un test di questo tipo, con tutti le implicazioni psicologiche che comporta? E’ stato sgradevole scoprire che nessuno ci aveva mai pensato, ma non solo, che nessuno sapeva fare una riflessione sul problema". Ricercatori senza anima? Speriamo di no, forse solo ragazzi molto impegnati nello studio. Ma per togliersi ogni dubbio il professor Roberto Taramelli ha pensato bene di organizzare dei seminari aperti a tutti su vari argomenti: riflessi etici del progetto genoma, brevettabilità delle sequenze genomiche umane e lecito commercio di materiale organico umano, aspetti etico-deontologici e medico-legali, tecnologie genetiche e riproduzione umana medicalmente assistita. Solo un’ infarinatura, sia ben chiaro, il cuore ce lo dovranno mettere i ragazzi. |
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